Non capita spesso che un personaggio dei videogiochi diventi un mito intergenerazionale, capace di attraversare quattro decenni senza smarrire freschezza e stupore. Super Mario ci è riuscito. Con il suo berretto rosso, i baffi inconfondibili e un salto che ha riscritto le regole del medium, l’idraulico creato da Shigeru Miyamoto è un simbolo globale della cultura pop, un linguaggio condiviso che unisce nostalgici degli 8-bit e nuove generazioni cresciute tra console portatili, mondi 3D e corse sfrenate su kart. Il 13 settembre del 1985, esattamente quarant’anni fa, il Giappone accoglieva l’uscita di “Super Mario Bros” e con essa un nuovo modo di intendere il videogioco. Quel titolo, approdato sul Famicom (ribattezzato Nintendo Entertainment System in Occidente) era un platform. Dietro i tubi verdi, i funghi antropomorfi e le tartarughe ostinate, c’era un invito a esplorare, a varcare confini invisibili sullo schermo, a scoprire mondi che sembravano non finire mai. Con oltre 40 milioni di copie vendute, “Super Mario Bros.” ha inaugurato l’epoca dell’intrattenimento domestico di massa e, insieme, la stagione in cui il videogioco smetteva di essere una curiosità da sala giochi per diventare un medium popolare e duraturo.

La rivoluzione non era solo tecnica. Lo scorrimento laterale sostituiva i livelli statici degli arcade, il paesaggio psichedelico di funghi e cieli azzurri suggeriva che il mondo fosse più grande di quanto apparisse a schermo, i segreti nascosti tra i mattoncini stimolavano la curiosità più che la semplice abilità. Non c’era solo competizione, ma avventura. Non solo punteggi da inseguire, ma universi da esplorare. In quell’intuizione stava la scintilla che avrebbe fatto scuola per decenni.

Col passare degli anni, Mario ha accompagnato ogni tappa dell’evoluzione tecnologica di Nintendo e di riflesso, dell’intera industria. Nel 1990, “Super Mario World” ha fatto il salto a 16 bit introducendo Yoshi, compagno di viaggio e personaggio a sua volta destinato a un futuro da protagonista. Nel 1996, “Super Mario 64” ha poi spalancato la terza dimensione e con essa una nuova grammatica ludica, con la telecamera libera e un mondo 3D da esplorare: non più livelli come corridoi da attraversare, ma ambienti da abitare. Poi è arrivato “Super Mario Galaxy” nel 2007, con le sue orbite planetarie e la colonna sonora orchestrale di Koji Kondo che ha portato per la prima volta l’epica sinfonica dentro un videogioco. Fino agli anni recenti, con “Super Mario Bros. Wonder” (2023), capace di riscoprire la semplicità dei platform 2D innestandovi invenzioni visive e dinamiche che lo rendono ancora oggi irresistibile.

Mario è un brand, certo, ma soprattutto un simbolo culturale. La sua immagine campeggia su tazze, zaini, parchi a tema. È arrivato al cinema più volte, da film d’animazione a produzioni hollywoodiane di grande successo; ha persino una giornata ufficiale, il Mar10 Day del 10 marzo, celebrata ogni anno dai fan di mezzo mondo. Non è un caso che Nintendo abbia costruito intorno a lui un ecosistema transmediale, dove l’idraulico baffuto diventa colonna portante di una narrazione che si rinnova di continuo. Tra spin-off e serie parallele, Mario è diventato un atleta, un pilota, un tennista, perfino un arbitro di golf. “Mario Kart”, nato nel 1992, ha trasformato la frenesia della corsa in un’esperienza collettiva, capace oggi di piazzare il suo “Mario Kart 8 Deluxe” come gioco di Mario più venduto di sempre, con oltre 86 milioni di copie. Altre serie, come “Mario Tennis” o “Mario Party”, hanno contribuito a fare del franchise non solo un passatempo individuale, ma un rito sociale, un collante per intere generazioni di giocatori. Eppure, dietro la moltiplicazione di ruoli e format, Mario non ha mai perso la sua identità. Non è un eroe né un superuomo imbattibile: è un operaio qualunque, un idraulico che affronta i suoi nemici con un salto, che si ingegna con i power-up, che affronta l’improbabile senza mai perdere il sorriso. È forse questa normalità straordinaria che lo ha reso così vicino a tutti, un personaggio capace di parlare a bambini e adulti con la stessa forza.

Nel 2025, festeggiare il quarantesimo anniversario significa non solo guardare a un passato glorioso, ma anche riconoscere la vitalità di un presente in continua evoluzione. Nintendo, per l’occasione, ha annunciato nuove uscite e riedizioni: un bundle rimasterizzato di “Super Mario Galaxy” e “Super Mario Galaxy 2”, nuove statuette amiibo, l’approdo di “Super Mario Bros. Wonder” in versione ampliata per Switch 2, senza dimenticare gli spin-off come “Mario Tennis Fever” o “Mario Kart World”, pensato appositamente per l’hardware di ultima generazione. 

La cifra che impressiona, in fondo, è questa: a quarant’anni dalla sua consacrazione, Mario non appartiene al passato ma al futuro. Ogni capitolo della sua saga, ogni uscita, ogni innovazione è stata capace di intercettare lo spirito del tempo, ridefinendo non solo il videogioco, ma il modo stesso in cui intendiamo l’intrattenimento interattivo.

Super Mario non è un personaggio da museo, cristallizzato in una formula vincente. È piuttosto un archetipo in perenne trasformazione. Un po’ come Topolino per l’animazione o Superman per i fumetti, Mario è diventato simbolo e testimone del tempo. Il segreto della sua longevità sta tutto in quel gesto semplice e universale: il salto. Che sia sopra un fungo, o su una piattaforma sospesa, Mario continua a saltare.

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