Lotta all’epatite C, virus da debellare entro il 2030
L’Asl 3 di Nuoro è capofila della campagna di screening che sarà estesa a tutta la SardegnaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«Io ho fatto la mia tesi di laurea sulle nuove metodiche diagnostiche per il virus delle epatiti C quando non c’era ancora la diagnosi. Alla fine degli anni Ottanta è stato identificato finalmente il virus: è stato quindi studiato, caratterizzato, sono iniziati i trattamenti. Probabilmente nel 2030 io andrò in pensione con l’eradicazione dell’epatite C». L’epatologo Salvatore Zaru, direttore del reparto di Medicina dell’ospedale San Francesco di Nuoro, segue passo dopo passo la battaglia contro l’epatite C, causa principale in Italia di cirrosi e tumori del fegato, che l’Organizzazione mondiale della Sanità conta di debellare entro il 2030. Traguardo condiviso dall’Italia e dalla Sardegna che avvia a Nuoro la campagna regionale di screening. Obiettivo ambizioso: eradicare questa malattia, subdola e asintomatica.
«Distinguerla dalle altre epatiti (A e B) è stato difficile perché - spiega Zaru ricordando le ricerche che lo hanno coinvolto già molti anni fa - non si riusciva a identificarla dal punto di vista molecolare, non c’erano allora le possibilità di esaminare le sequenze vitali. A fine anni Ottanta si è cominciato a vedere al microscopio elettronico alcune strutture che non erano virus dell’epatite B, neppure dell’epatite A e dell’epatite Delta. Una volta raggiunta la tecnologia per sequenziare e identificare il virus è stato più semplice mettere a punto un test anticorpale che lo identificasse». La storia professionale di Zaru segue simbolicamente il percorso del virus Hcv identificato con grande fatica ma, grazie alla ricerca, destinato a estinguersi. Già oggi le cure disponibili portano alla guarigione in oltre il 95 per cento dei casi.
L’Asl 3 di Nuoro è capofila della campagna regionale che, in assenza di vaccino, punta tutto sullo screening, considerato fondamentale per debellare un’infezione che si trasmette per via ematica, attraverso sangue o liquidi biologici infetti. Progetto avviato da Serafinangelo Ponti, direttore generale della Asl nuorese fino a giugno.
Il 30 giugno lo screening, che è volontario e gratuito, è iniziato nelle carceri di Badu ’e Carros a Nuoro e di Mamone, come pure nei ricoveri di pazienti giunti al San Francesco. Il 14 luglio è stato esteso al centro prelievi dell’ospedale Zonchello. Da settembre l’allargamento al Serd (Servizio contro le tossicodipendenze), ai reparti ospedalieri e ai centri prelievi di tutto il territorio della Asl 3. Nella campagna sono coinvolte persone nate tra il 1969 e il 1989 perché, come spiega il commissario dell’Asl 3, Angelo Zuccarelli, «questa popolazione ha un’alta incidenza di infezione che spesso è asintomatica. L’epatite C si è rivelata particolarmente insidiosa, in quanto può progredire verso una condizione cronica e può avere persino complicazioni più gravi, come la cirrosi o il cancro al fegato. Pertanto, lo screening - aggiunge Zuccarelli - è raccomandato per identificare precocemente queste infezioni. Inoltre, coinvolgere queste fasce d’età è cruciale per controllare la diffusione del virus e per trattare le persone infette prima che si verifichino danni epatici irreversibili».
Le categorie di popolazione sono individuate dal ministero della Salute: oltre alle fasce di età dal 1969 al 1989 sono seguite con attenzione le persone recluse nelle carceri e quelle che accedono ai Servizi per le dipendenze, espressamente incluse nel programma di screening.
«L’epatite C - sottolinea Zuccarelli - è definita una patologia insidiosa perché si manifesta in modo silenzioso, spesso senza sintomi evidenti. Significa che le persone possono avere l’infezione per anni senza rendersene conto, fino a quando non si sviluppa una forma cronica o addirittura una malattia neoplastica al fegato. Questa caratteristica rende particolarmente importanti la diagnosi precoce e lo screening per la malattia».
In campo, assieme al reparto di Medicina del San Francesco, ci sono il Centro screening della Asl 3 e il Laboratorio analisi, diretto da Maura Fiamma, che può ricevere e analizzare i campioni utilizzando l’alta tecnologia a disposizione.
«Vogliamo identificare i soggetti che non hanno la sintomatologia in modo tale da poterli intercettare precocemente per proporre una terapia adeguata, efficace, sicura, che porta a guarigione nella quasi totalità dei casi - spiega Roberta Bosu, direttrice del Centro screening della Asl 3 -. In assenza di terapia, nel 70 per cento dei casi l’infezione si cronicizza, va avanti nel tempo e continua a fare danno sul fegato. Noi vogliamo arrivare prima che ci sia il danno sul fegato, che porta alla cirrosi e al tumore. Attualmente, con le terapie a disposizione, che sono anche molto semplici da assumere, è possibile farlo».