Quest’anno sarà la sessantatreesima volta. Tradizione vuole che lo sfarzo, nei rioni della città che – per struttura economica e sociale –  in fondo sono ancora paese, sia ogni anno superiore al precedente. L’abito buono, a Selargius, è pronto per la domenica della festa che, per un altro anno, sarà un tripudio di colori e profumi. Il passaggio degli sposi, il sacro rito dell’unione per sempre in lingua sarda –  a rinsaldare il legame con una tradizione che anni e anni di testimonianze, ricordi e pratica hanno reso l’appuntamento degli appuntamenti –fanno dello Sposalizio selargino un fulgido esempio di attaccamento al luogo, al piacere dell’incontro e di partecipazione alla gioia per la nascita di una nuova famiglia.

Domenica 10 settembre il rito si rinnoverà: le catene che legheranno gli sposi alla fine della messa, nel sagrato della chiesa dell’Assunta davanti a migliaia di persone festanti, è la sintesi di quel che è stato, di quel che è e sarà nei secoli per i selargini l’usanza nuziale. Quest’anno toccherà a due giovanissimi: Valentina Plaitano, 21 anni, commessa, si unirà in matrimonio, ripercorrendo un’usanza secolare, con il venticinquenne Lorenzo Atzeni, parrucchiere.

Sa coja di cui scrive Francesco Alziator, riferendola all’area urbana di Cagliari nel suo “La città del Sole”, è davvero riproposta alla perfezione nel ring che abbraccia il centro storico in un’unica grande ramadura. La macchina dell’organizzazione è pronta a mettersi in moto: il trasferimento dei corredi e le serenate, le mostre e gli altri eventi collaterali sono i primi passi di una sagra live, in cui la finzione scenica quasi coincide con la realtà ed è resistente a qualsiasi imitazione che negli anni ha cercato di scalfirne –  senza riuscirci – originalità e autorevolezza.

Il rito finalmente si ripete: ancora qualche giorno e Selargius (le iniziative inizieranno il domani) pian piano trasformerà in un palcoscenico all’aperto: le antiche case campidanesi riaperte al pubblico per l’occasione, rievocheranno poi i passaggi che gli sposi saranno chiamati a percorrere prima di scambiarsi le fedi sull’altare. Un unicum, da anni trasmesso in diretta su Videolina, che anche alcuni network americani, in passato, hanno voluto documentare senza filtri.

La suggestiva vestizione, i cortei con i carri e i gruppi folk che arriveranno da tutta la Sardegna, l’incontro e la messa prima delle nozze e l’incatenamento per sempre fotografano alla perfezione il coinvolgimento della città.

Sa coja, per Selargius, non è un semplice tuffo nel passato, bensì un’occasione irripetibile per pensare al futuro. Lo sforzo che Comune e Pro loco compiono per riproporre ogni anno la cerimonia è improbo.

Ma una politica lungimirante non può fermarsi al breve periodo: deve gettare le fondamenta per costruire qualcosa che resti. L’arrivo dei turisti, con il seguito della coppia straniera (quest’anno della Repubblica Ceca) invitata per la Promessa d’amore, evento collaterale ma non secondario rispetto allo Sposalizio, è un primo passo. La creazione di iniziative per la valorizzazione del romanico-pisano, con percorsi che possano comprendere le chiese di San Giuliano e di San Lussorio, potrebbero in futuro attirare visitatori anche oltre l’evento di settembre. Ma va bene così. Sa coja, il matrimonio, per Selargius è in fondo una splendida certezza. E un’occasione per farsi conoscere in una veste che, se curata con pazienza e competenza, può riservare in prospettiva almeno splendide ricadute di immagine.

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