Il grande mondo del volontariato, una ricchezza per l’Isola
Un’indagine su 1016 residenti: la partecipazione costante è del 15%. La donazione di sangue ha mostrato una riduzione del 7%Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Solidarietà, impegno, buon cuore, e perché no, voglia di riempire spazi vuoti della vita con qualcosa di importante e appagante. Sono le motivazioni che spingono circa 4,7 milioni di persone in Italia (il 9,1% della popolazione over 15) a partecipare a iniziative in associazioni strutturate, sia tramite azioni dirette che informali.
Lo riporta una ricerca sul volontariato sommerso in Sardegna, curata dal Centro Studi Sociali “Carlo Carretto” per conto del Centro Servizi Sardegna Odv, con l’obiettivo di mappare e valorizzare l’attività non organizzata e definire strategie per l’emersione.
«Queste pratiche contribuiscono alla coesione sociale, al sostegno delle persone fragili e alla costruzione di reti di prossimità», spiega lo studio. «Riconoscere l'impegno informale, anche quello che nasce nel contesto professionale e aziendale, è cruciale per valorizzare un patrimonio che, se connesso con gli Enti del Terzo Settore e i Centri di Servizio per il Volontariato, può alimentare reti più ampie e inclusive. Il volontariato informale è un'energia irrinunciabile che agisce da catalizzatore di nuove sinergie tra società civile, impresa e istituzioni».
La Sardegna, con il suo forte capitale sociale fondato su pratiche di aiuto reciproco, è un laboratorio di particolare interesse per questa analisi. Il report analizza le caratteristiche, le motivazioni individuali, il ruolo nel contesto aziendale, l'importanza sociale e presenta un caso studio specifico sulla realtà sarda.
Il volontariato è «un’energia irrinunciabile della società e un patrimonio generato dalla comunità», caratterizzato dalla gratuità, responsabilità civica e desiderio di condivisione. L'esperienza volontaria è spesso riconosciuta come un’esperienza di apprendimento formale e informale, dove le competenze personali e sociali sono particolarmente rilevanti. Il volontariato formale implica l'aiuto non pagato attraverso un gruppo, club o organizzazione (pubblica, privata o del terzo settore).
Il volontariato informale, invece, si riferisce ad attività di aiuto e solidarietà svolte gratuitamente da cittadini comuni, al di fuori di strutture organizzative fisse o associazioni, a favore di terzi che non fanno parte della propria economia domestica. È un impegno spontaneo, auto-organizzato e non strutturato.
Anche nel volontariato Informale si sviluppano competenze sociali, relazionali e interculturali. Gli ambiti più frequenti del volontariato informale sono: assistenza e cura informale; aiuto e supporto alle persone in difficoltà; contributo alla comunità e bene comune e aiuto basato sulla prossimità (nel vicinato o rete sociale). Esempi specifici includono la cura di un figlio di un amico, l'aiuto agli immigrati nell'apprendimento linguistico, l'azione solidale durante emergenze (come Covid, alluvioni), il segretariato sociale informale (disbrigo pratiche) e l’autista sociale (accompagnamento).
Il caso studio indaga il fenomeno in Sardegna attraverso un'indagine su 1016 residenti e un’analisi qualitativa con aziende e associazioni. La partecipazione costante al volontariato formale è del 15%. Il volontariato informale è superiore, lo fa il 18% di chi ha risposto. La donazione di sangue ha mostrato una riduzione notevole (-7%).
Il volontariato informale è più diffuso nelle province di Oristano (22%), Nuoro e Sassari (21%). È più comune tra le persone tra i 35 e i 54 anni (22%) e i laureati (26%).
Le modalità di aiuto gratuito più frequenti sono l’offerta di cibo o vestiti a persone in difficoltà (39% spesso o sempre). Seguono l’aiuto negli spostamenti (23% spesso/sempre), l’aiuto durante emergenze (21% spesso/sempre), e il supporto in pratiche burocratiche o scolastiche (18% spesso/sempre).
Solo il 2% degli intervistati partecipa regolarmente a iniziative di volontariato promosse dalle aziende. Il 27% aderirebbe se gli venisse proposto, ma il 47% complessivo non aderirebbe. L’Area Metropolitana di Cagliari mostra la più elevata propensione ad aderire (34%). Oltre 3 intervistati su 10 ritengono che l’impegno aziendale non sia spontaneo, ma nasconda calcoli di convenienza. Solo il 37% dei rispondenti è disposto a spostare gli acquisti verso aziende che promuovono il volontariato.
«Le attività di volontariato aziendale generano un forte impatto positivo sul clima aziendale e sull'orgoglio dei dipendenti, oltre a rafforzare la reputazione del marchio», spiega lo studio. «A livello comunitario, rafforzano la coesione sociale, come nel caso di Sa Paradura, che ha riunito pastori in lite».
Il volontariato “sommerso” o informale è un elemento essenziale per la coesione sociale e il rafforzamento dei legami, cruciale nel colmare le lacune del welfare, intercettare nuovi bisogni emergenti e promuovere un mutamento valoriale. «Nonostante i suoi limiti (frammentarietà, scarsa visibilità e difficoltà di coordinamento), le sue azioni di prossimità sono fondamentali. Per valorizzare questo patrimonio, sono necessarie politiche che riconoscano le competenze acquisite dai volontari informali, promuovano reti di collaborazione e semplifichino la partecipazione, favorendo sinergie con il volontariato formale».
Il Centro Servizi per il Volontariato è il “luogo” ideale, fisico e virtuale, per fornire servizi (come formazione o certificazione delle competenze) ai volontari informali, trasformandoli in risorse preziose per gli Enti del terzo settore e le comunità. Il volontariato aziendale, sia formale che informale, è una “palestra di volontariato” che può indirizzare risorse e competenze verso il Terzo settore.
