C’è un laboratorio tennistico a Cagliari che sta diventando una sorta di piccolo museo della (più recente) storia della Coppa Davis e della Federation Cup. Perché il titolare è Pierpaolo Jumbo Melis, dal 2011 incordatore ufficiale delle nazionali maschile e femminile di tennis, ormai diventato confidente, amico e consigliere dei campioni che stanno scrivendo la storia dello sport italiano negli ultimi anni e che per ringraziarlo del suo lavoro, spesso anche per festeggiare i successi internazionali, regalano all’artigiano sardo quelle che per un appassionato sono autentiche reliquie.

Pierpaolo Jumbo Melis con le palle firmate dai giocatori delle squadre italiane di Coppa Davis vincitrici nel 2024 e nel 2025 (foto p. c.)

Stiamo parlando del cappellino usato da Sinner in Davis a Malaga, delle magliette, delle racchette, delle scarpe e delle palline autografate di Fognini, Bolelli, Vavassori, Seppi, insomma, tutti i giocatori che stanno facendo sognare i tifosi italiani. «L’ultimo pezzo è forse il più importante – sorride Jumbo Melis – queste sono la maglietta e le scarpe usate da Flavio Cobolli in giorno della vittoriosa finale di Coppa Davis contro la Spagna di Munar».

Il cappellino utilizzato da Jannik Sinner durante la Finale di Coppa Davis a Malaga nel 2023 vinta dall'Italia (foto p.c.)

Melis si è guadagnato con il suo modo di essere semplice, gentile, disponibile e preparato la fiducia dei migliori giocatori e giocatrici italiani e sta vivendo i momenti i più emozionanti delle finali dei campionati del mondo a squadre. L’ultima a Bologna, la finale a otto che l’Italia ha vinto malgrado le assenze (giustificate) dei due giocatori più forti secondo le classifiche mondiali, Sinner e Musetti, affaticati al termine di una stagione massacrante.

La racchetta di Andrea Seppi utilizzata a Pesaro nel 2016 contro la Svizzera (foto p. c.)

«A Bologna – spiega Melis – si era creata un’atmosfera particolare forse perché i tifosi si sono resi conto che con il loro supporto avrebbero davvero potuto dare una grossa mano d’aiuto agli italiani. Quando c’è Sinner, è tutto più facile, evidentemente, stavolta c’era molto più pathos. Sono stati momenti molto emozionanti ma anche importanti sotto dal punto di vista personale e professionale».

La maglia e le scarpe di Flavio Cobolli usate per la vittoria della Coppa Davis (foto p. c.)

Già, perché quando si vince va tutto bene, ma in quel meccanismo perfetto che è la performance di un giocatore la racchetta ha un valore quasi determinante. Il feeling con i giocatore deve essere perfetto. «Il problema a Bologna - spiega Melis – erano le palle, Tutti sanno che devono essere cambiate ogni sette giochi. Ebbene, all’inizio quel tipo di palla era velocissima, poi dopo qualche game tendeva ad “aprirsi” e a diventare lenta. Una condizione che ha complicato la scelta della tensione delle corde. Più lenta per prediligere la spinta o più tesa per un maggiore controllo? In genere, poi, si preferisce entrare in campo con le racchetta preparate da pochi minuti; a Cobolli, un po’ in difficoltà durante i primi allenamenti, ho suggerito di provare a prepararle la sera prima del match in modo che il monofilo di assestasse. Abbiamo provato e ci siamo resi conto che era la strada giusta. Nessun merito mio, sia chiaro, ma è stato bello vedere che un giocatore di quel livello si è consultato con me e con altri tecnici proprio per la preparazione della racchetta per un appuntamento così importante».

La racchetta dell'azzurra Martina Trevisan con la quale è scesa in campo nelle finali di Billie Jean King Cup del 2023 vinte dall'Italia a Siviglia (foto p. c.)

Già, perché le corde, come spiega Jumbo Melis, «sono cambiate tantissimo negli ultimi 25 anni, sono diventate ancor più decisive. Lo scrisse Andrè Agassi nel suo libro Open: quando gli fecero provare per la prima volta le monofilo, pensò che fossero illegali: ho tirato forte a tutto braccio per un’ora senza sbagliare, questa corde sono incredibili. Ecco, adesso le utilizzano tutti, anche se è preferibile cambiarle ogni 7 giochi per ottenere i massimo rendimento e comfort, e se lo possono permettere solo i primi 50 giocatori al mondo», sorride Jumbo Melis.

La racchetta del doppsta azzurro Simone Bolelli (foto p. c.)

Così è nato il rapporto dell’artigiano sardo con i tennisti e le tenniste di vertice, in tutti questi anni in cui ha fatto il giro del mondo insieme a loro. Campioni che in qualche modo gli hanno confidato i piccoli segreti legati ai loro attrezzi. Sinner? «Usa una racchetta molto leggera, 340 grammi con le corte, e manico sottile, numero due, molto simile a quelle in commercio nei negozi. In genere i professionisti se le fanno costruire dalle fabbriche su misura, manico compreso, e sono molto più pesanti di quelle degli amatori, arrivano anche a 360-370 grammi».

La maglietta, i polsini e la racchetta utilizzate da Fabio Fognini in Coppa Davis negli anni 2016 e 2017 (foto p. c.)

Ai tempi dei social le foto del laboratorio -museo di Jumbo Melis fanno il giro del web. Così è capitato che turisti in vacanza a Cagliari, appassionati di tennis, ovviamente, abbiano atteso l’apertura del negozio: «Volevano vedere la collezione di reperti esposti», sorride Jumbo mentre sistema gli ultimi arrivi: «Queste sono le scarpe di Vavassori e di Bolelli, questa la maglietta del team Italia a Bologna, questo l’asciugamano verde originale delle finali di Coppa Davis. Perché l’amore verso un sport si manifesta anche attraverso l’attaccamento a piccoli oggetti di un grande fascino. Sono molto grato per questi regali ricevuto dagli azzurri, soprattutto perché hanno scelto di donarli a me. Io sono timido, non chiedo mai niente, evidentemente mi considerano ormai un amico con il quale condividere certe vittorie».

La racchetta e le scarpe di Fabio Fognini utilizzate nel match di Coppa Davis Italia-Giappone del 2018 (foto p. c.)
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