Ve lo diciamo subito: stiamo per parlare di statistiche europee, nelle quali l’Italia non fa mai una bella figura se paragonata a nazioni come ad esempio la Germania, ma anche molte altre.

Avvisati i lettori che soffrono l’amarezza, l’argomento è l’alfabetizzazione digitale degli italiani, cioè quanti nella nostra popolazione sono in grado di utilizzare un computer senza andare a rifugiarsi sotto il letto al solo pensiero di accenderne uno. E, appunto, i numeri sono pesanti se leggiamo i dati diffusi dalla piattaforma Openpolis: basti pensare che siamo quint’ultimi nella classifica dei Paesi europei. Da noi, ha le competenze digitali almeno di base il 45,8% della popolazione, quindi meno di un italiano su due. Chi fa peggio dell’Italia, ed era difficile, sono la Lettonia con il 45,3%, la Polonia col 44,3%, terza la Bulgaria con il 35,5% e quarta la Romania con il 27,7%, il che significa che solo un rumeno su quattro ha le competenze digitali fondamentali per utilizzare in qualche modo un pc. Chi fa meglio di noi, è presto detto: gli altri 22 Paesi che compongono l’Unione europea.

Se proviamo a scomporre questo dato in cifre più particolareggiate, scopriamo che la situazione migliora man mano che il campione di italiani si fa più giovane. Oppure peggiora con il progredire dell’età: questo dipende dal temperamento, più da bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, di chi legge i dati. E allora: se in quel 45,8% di italiani con alfabetizzazione digitale consideriamo soltanto la fascia d’età fra i 16 e i 29 anni, cioè le generazioni che possono essere classificate come “native digitali”, si scopre che sa usare un computer il 58,5%.

Certo, vista così è un miglioramento, rispetto al dato generale, ma questo vale finché non si fanno i conti con la concorrenza, cioè con gli altri Paesi che aderiscono all’Ue. E allora, partiamo dalla percentuale generale dell’alfabetizzazione informatica della generazione giovane (16-29 anni) dell’Unione: ecco, è il 70,7%. Cioè il 12,2% in più rispetto al dato italiano, dove pure la pandemia da Covid ha costretto le famiglie a dotarsi di pc più moderni, connessioni a internet più performanti rispetto a quelle che c’erano e collegamenti alla rete dove non c’erano: durante i lunghi lockdown, era così che si andava a scuola. Eppure siamo terz’ultimi nella classifica dei 28: riusciamo a fare meglio solo di Bulgaria (52,3%) e Romania (46%). Roba da arrossire se guardiamo al “profondo Nord”, dove la Finlandia primeggia con il 91,8% dei nativi digitali alfabetizzati sotto il profilo informatico e la Repubblica Ceca, non esattamente nordica, è vice campionessa con il suo 90,2%. Oltretutto, in Italia le ragazze giovani vanno meglio dei coetanei maschi: il 59,1% delle 16-19enni ha competenze almeno di base nell’informatica, contro il 52,7% dei coetanei maschi.

Al di là dello stretto ambito che consiste nel “censimento” fra chi sa usare un computer e chi no, la ricerca condotta da Openpolis (una fondazione indipendente e senza scopo di lucro che promuove progetti per l'accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione democratica), offre anche spunti nel settore contiguo all’alfabetizzazione digitale. Ad esempio: tra gli studenti universitari che si laureano in Informatica e in Ict (Information communication technology), solo una su sei (il 16,8%) sono studentesse, mentre il restante 83,2% sono maschi. Il che, a rifletterci sopra, fa a pugni con il fatto che, nella fascia d’età dei giovani, a essere più alfabetizzate sotto il profilo informatico sono proprio le ragazze.

A proposito di generazioni giovani: ovviamente sono quelle più esposte al rischio di bullismo, tipico della fascia d’età adolescenziale, che può essere esercitato – per così dire – “in presenza” oppure attraverso internet, in particolare utilizzando i social network. La ricerca di Openpolis non distingue tra bullismo e cyberbullismo, ma pur mettendoli insieme offre un dato: ne soffrono soprattutto gli studenti stranieri, uno su cinque dei quali ne è vittima (il 18,2 per cento). Per questo motivo, suggeriscono gli autori della ricerca, è urgente integrare nei percorsi scolastici le attività di sensibilizzazione sull’uso responsabile di internet e dei social media.

Ci vorrebbe un’aula informatica nel cento per cento degli edifici scolastici, ma i ragazzi italiani devono accontentarsi di averne una ogni tre diversi istituti: la percentuale esatta è 35,7%. Un ragazzo la utilizza, due non ce l’hanno. Eppure, potenziare la dotazione tecnologica nelle scuole superiori è molto più che un’urgenza, ma questo è il Paese in cui si aspetta per molte ore perfino per entrare al pronto soccorso di un ospedale. Siamo così, dolcemente svantaggiati.

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