Due fratelli divisi da due marchi che hanno fatto la storia dello sport. Le indiscrezioni su una possibile fusione tra Adidas e Puma hanno riportato in primo piano una delle rivalità più leggendarie della storia industriale. Un conflitto nato in famiglia, alimentato per decenni sui campi da calcio e sulle piste di atletica, e oggi proiettato in un futuro incerto, fatto di voci di mercato, partnership milionarie e cambi al vertice.

Gli ultimi sviluppi

Negli ultimi mesi, due fatti hanno attirato l’attenzione degli osservatori. Primo: Adidas ha soffiato a Puma la prestigiosa partnership con il team Mercedes-AMG Petronas di Formula 1, un terreno sempre più strategico per i marchi sportivi, che mescola velocità, moda e lifestyle globale. Dal 2025, le divise di Kimi Antonelli e George Russell porteranno le tre strisce.

Secondo: Puma ha annunciato l’arrivo di un nuovo amministratore delegato. Dal prossimo luglio, la guida dell’azienda sarà affidata ad Arthur Hoeld, manager con oltre vent’anni di esperienza proprio in Adidas. Un passaggio simbolico che sembra chiudere un cerchio, alimentando inevitabilmente i parallelismi e le speculazioni su un destino comune per i due brand.

Infine, le voci di fusione: ipotesi suggestiva, ma non confermata da nessuna delle due aziende. A oggi, più che un progetto concreto, sembra un riflesso della fragilità finanziaria di Puma e dell’instancabile immaginazione dei mercati.

Le origini

Per capire la portata di queste notizie, bisogna tornare a Herzogenaurach, cittadina della Baviera dove negli anni Venti Adolf (“Adi”) e Rudolf (“Rudi”) Dassler fondarono la Gebrüder Dassler Schuhfabrik.

Dopo la Seconda guerra mondiale, i rapporti tra i due fratelli si incrinarono definitivamente. Nel 1949 Adi fondò Adidas, mentre Rudi creò Puma. La scissione non divise soltanto una famiglia, ma l’intera comunità locale: bar, ristoranti, persino chiese si schierarono con l’uno o con l’altro. A Herzogenaurach bastava guardare le scarpe di una persona per capire a quale “campo” appartenesse. Non a caso la città venne soprannominata “la città dei colli piegati”.

Sponsorizzazioni 

La rivalità si accese subito sul terreno più visibile: quello delle sponsorizzazioni sportive. Negli anni ’50, il velocista tedesco Armin Hary vinse i 100 metri alle Olimpiadi di Roma con scarpe Puma, salvo poi presentarsi alla cerimonia di premiazione con un paio Adidas, nel tentativo di strappare riconoscimenti da entrambe le aziende. Negli anni ’70, invece, andò in scena il celebre “Pelé Pact”: Adidas e Puma avrebbero promesso di non contendersi il campione brasiliano per evitare una guerra di offerte. Ma Puma ruppe l’accordo e mise sotto contratto O Rei. Durante i Mondiali del 1970, Pelé chiese all’arbitro qualche secondo per allacciarsi i suoi scarpini Puma, regalando al marchio un’inquadratura entrata nella storia del marketing. Questi episodi, a metà tra leggenda e cronaca, dimostrano come Adidas e Puma abbiano inventato – prima ancora che praticato – il moderno sponsorship marketing, trasformando lo sport in una passerella globale.

Due filosofie, due mondi

Con il tempo, i due marchi si sono differenziati anche nello stile. Adidas, più strutturata, ha puntato a costruire un impero globale, legando il proprio nome alle federazioni calcistiche, alle Olimpiadi, alle collaborazioni con stilisti e artisti. Puma, più snella e audace, ha trovato la sua nicchia nello streetwear e nelle collaborazioni dirompenti, da Rihanna a Jay-Z, posizionandosi come marchio giovane e ribelle. Nonostante le differenze, la rivalità ha continuato a stimolare entrambi, spingendoli a innovare e a reinventarsi costantemente.

Fusione?

Oggi, con Adidas che consolida la sua presenza nella Formula 1 e Puma che cambia guida affidandosi a un ex manager Adidas, la narrativa di una possibile fusione è inevitabile. Ma la realtà è più complessa: un’operazione di questo tipo solleverebbe dubbi antitrust, rischierebbe di confondere identità di marca ben distinte e incontrerebbe ostacoli non trascurabili a livello di governance e azionariato. Più che un matrimonio industriale, quello che si profila è un gioco di specchi: due marchi che continuano a sfidarsi e, al tempo stesso, a definirsi l’uno in funzione dell’altro.

Una saga che continua

Dalla “città dei colli piegati” ai rumors di fusione, la saga Adidas–Puma resta una delle più affascinanti del panorama industriale contemporaneo. È la dimostrazione che il conflitto può essere un potente motore di innovazione: basti pensare alle sponsorizzazioni, alle collezioni, all’integrazione tra sport e cultura pop. Che il futuro riservi un abbraccio societario o una rinnovata sfida, ciò che rimane certo è che senza la rivalità tra Adi e Rudi Dassler lo sport – e l’industria che lo circonda – non sarebbero mai stati gli stessi.

© Riproduzione riservata