Il fenicottero rosa si scorge tra tamerici, giunchi e salici, come la gallinella d’acqua, l’airone cenerino, la garzetta, il germano reale, il cormorano. Il falco di palude può regalare voli sorprendenti. A pochi passi nidifica il pollo sultano, specie che in Sardegna, diversamente dal resto d’Italia, resiste spontaneamente. Sono i veri padroni di casa nella foce del Rio Posada, zona umida che raccoglie gli stagni Longu e Tundu, le acque dolci del fiume e la bocca artificiale verso il mare di Sos Palones. Un hotspot di biodiversità prezioso e delicato, gioiello ambientale del Parco regionale di Tepilora: festeggia un anno dalla promozione nella famiglia internazionale targata Ramsar.

La Convenzione protegge le zone umide meglio conservate del pianeta, oasi fondamentali per avere acqua potabile, reggere alluvioni, inondazioni, cambiamenti climatici. Il primo atto porta indietro nel tempo quando il 2 febbraio 1971 a Ramsar, città dell’Iran, viene firmata l’intesa globale. Sono 168 i Paesi coinvolti. Sognano di preservare le zone umide tutelando flora e fauna, incoraggiando l’uso sostenibile, promuovendo ricerche, scambi, azioni di conservazione di habitat fragili ma considerati ecosistemi fondamentali. Sono paludi, acquitrini, delta, laghi, fiumi, bacini anche artificiali, lagune, torbiere, tutti habitat per uccelli acquatici, comprese molte specie migratorie, anfibi, varietà di pesci. La Convenzione di Ramsar, al traguardo dei 51 anni, conta ora su oltre duemila aree umide sparse nel mondo. Una tutela estesa a più di due milioni e mezzo di chilometri quadrati, tanto grande da essere equivalente a un Paese come il Messico.

La foce del Rio Posada (foto archivio L'Unione Sarda)

In Italia i siti accolti nella Convenzione sono oltre 50. Dal febbraio 2021 sono in conto anche i 736 ettari della foce del Rio Posada e le zone vicine, un microcosmo racchiuso tra Posada e Torpè, che rappresentano la 171 esima area protetta inserita nel circuito Ramsar. Per il Parco regionale di Tepilora l’ingresso nella Carta internazionale è un riconoscimento importante che segue quello ancora più prestigioso di Riserva di biosfera Mab Unesco “Tepilora, Rio Posada e Montalbo” arrivato nel 2017.

La zona umida è caratterizzata da un alto grado di naturalità visto che non ci sono importanti interventi di regimentazione idraulica. Per questo ha una sua unicità in tutto il bacino del Mediterraneo: la foce praticamente integra di un corso d’acqua torrentizio dove ne confluiscono altri viene scelta nei percorsi migratori degli uccelli acquatici. L’acqua è, d’altra parte, l’elemento di interconnessione dell’area protetta che abbraccia i Comuni di Bitti, Lodè, Torpè e Posada: quasi ottomila ettari tra foreste segnate da sentieri e fiumi e la fascia costiera col suo mare splendido.

Tante promozioni sono una spinta in più per i progetti di valorizzazione. Il Parco di Tepilora punta a realizzare siti di osservazione per ammirare tra i canneti e le varie diramazioni dell’area umida, senza creare disturbi, fenicotteri, pollo sultano o falco della palude. L’attività di birdwatching è molto richiesta da esperti di tutto il mondo ma anche da famiglie con bambini al seguito. Nelle aree lacustri la facilità di osservazione moltiplica il richiamo verso specie alla portata un po’ di tutti. Succede negli stagni e nel delta del Rio Posada, come pure nel vicino lago di Torpè incastonato nel bosco di Sa Dea, dove si specchia il monte Tepilora quasi ad abbracciare il perimetro del Parco. Un’oasi di pregio, che presto potrebbe essere inserita nell’area protetta.

Il monte Tepilora si specchia sul lago di Torpè (foto archivio L'Unione Sarda)

Il Parco punta a dare le stesse opportunità per poter osservare i padroni di casa del versante montano dove vivono mufloni, daini e rapaci come l’aquila reale e quella del Bonelli realizzando capanni in legno. In questo caso l’intervento è più complesso per l’estensione dei boschi. Perciò si opta per le cosiddette zone ecotonali, ovvero di transizione perché stanno ai margini delle foreste o in radure. Una linea di confine dove si possono osservare le specie faunistiche che si spostano da un ecosistema all’altro. Punto privilegiato dove si conta di sistemare posatoi o piattaforme sull’acqua vicino ai capanni che servono anche a incentivare la presenza degli animali. In questo modo aumenta la probabilità di fotografare le specie ma si cerca anche di incoraggiarne l’insediamento ricreando le condizioni ideali per la nidificazione o l’alimentazione.

«La realizzazione di questi piccoli interventi non influisce negativamente sul comportamento della fauna che non entra direttamente a contatto con l’uomo e non modifica quindi i suoi comportamenti», assicurano gli operatori del parco di Tepilora, di cui è direttrice Marianna Mossa, anche pensando ai percorsi escursionistici da tenere a debita distanza. Nel nome della sostenibilità ambientale attorno all’area umida di Posada il Parco prepara nuove piste ciclabili e un servizio di trasporto pubblico ad alimentazione elettrica per ridurre l’uso delle auto.

L’importanza della biodiversità custodita dal Parco di Tepilora è riconosciuta anche da Legambiente che con la campagna “Bellezza Italia. Tuteliamo insieme le meraviglie del Paese” (portata avanti col Gruppo Unipol) fa tappa a Posada, borgo pieno di fascino e, soprattutto d’estate, di turisti. Legambiente studierà questo scrigno prezioso e fragile, osserverà gli effetti della crisi climatica degli ultimi 50 anni anche perché quest’area ha subito le conseguenze di terribili alluvioni, assieme all’incremento della pressione antropica legata al turismo balneare.

L'area dell'ex Peschiera di Posada (foto archivio L'Unione Sarda)

Il progetto interverrà nell’ex Peschiera, ideale punto di cerniera tra l’area naturale, il litorale sabbioso e la frazione di San Giovanni, molto frequentata durante la stagione estiva. Rappresenta un luogo dal forte valore identitario, destinato a diventare una della quattro porte del Parco di Tepilora e sede operativa del Centro di educazione ambientale e alla sostenibilità. Sarà punto di riferimento per visitatori, scolaresche in gita, turisti e appassionati di escursionismo, magari percorrendo la foce in kayak. La facilità di accesso all’area umida e ai luoghi di osservazione, di scoprire con i propri occhi aironi e gallinelle d’acqua che si affacciano quaggiù e mufloni e aquile lassù punta, come sottolineano a più riprese ente Parco e Legambiente, a «rendere le comunità sempre più consapevoli e protagoniste nella difesa di un territorio unico per biodiversità, patrimonio identitario e paesaggistico, oggi fortemente minacciato dagli effetti dei cambiamenti climatici». Orizzonte più ampio della fruibilità turistica, dove l’equilibrio ecologico da preservare va di pari passo con la memoria collettiva di visitatori e residenti.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

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