Un pescatore sa bene quale esca serve per un certo tipo di pesce e come farlo abboccare. Il neurologo, ora, può fare qualcosa di simile anche con chi soffre delle forme più gravi di emicrania, quel dolore che non fa morire, ma davvero non lascia vivere. La rivoluzione, da adottarsi in casi specifici perché i medicinali già disponibili aiutano molto in caso emicrania, si basa sugli anticorpi monoclonali che vanno ad attaccare direttamente o attraverso il recettore specifico CGRP, una proteina che agisce che come un potente vasodilatatore è uno dei responsabili della patologia emicranica.

Gli anticorpi monoclonali, l’ultimo arrivato in Italia si chiama galcanezumab e si somministra con un’iniezione ogni tre mesi, sono quindi quei farmaci "intelligenti" di cui i malati più gravi hanno bisogno. L’emicrania è caratterizzata da attacchi che durano dalle 4 alle 72 ore, migranti ma di solito localizzati in un solo lato della testa con un dolore pulsante aggravato dalle attività fisiche e spesso associato a nausea, vomito, fastidio ai rumori e alle luci. In Italia ne soffre il 9 per cento degli uomini e il 18 per cento delle donne nelle quali gli attacchi sono più severi, più lunghi e più disabilitanti e con più sintomi associati.

«Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP si caratterizzano per un meccanismo d’azione molecolare molto selettivo e specifico: è la prima volta che abbiamo farmaci che bloccano un neuropeptide (proteina) o il suo recettore in maniera così precisa - spiega Pierangelo Geppetti, presidente della SISC (Società Italiana per lo Studio delle Cefalee). Questo comporta due risultati: da un lato si ha la possibilità di inibire il meccanismo che genera il dolore e la costellazione di sintomi dell’attacco emicranico, dall’altro che, proprio perché il meccanismo che viene inibito è così specificamente dedicato a produrre questo tipo di dolore, l’uso di questi farmaci ha portato all’evidenza di un profilo di sicurezza molto buono». Ovviamente, per queste cure la decisione spetta allo specialista. Solo il medico può dare le indicazioni giuste: non nascondetevi quindi con il dolore, ma parlatene con il neurologo. Per controllarlo meglio e avere una vita più serena.

Federico Mereta
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