A lbert Camus scrisse ne “Il mito di Sisifo” che «vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia».

La domanda di Camus è quella di ognuno di noi di fronte all'angoscia di vivere, alla fatica, alla difficoltà, alla malattia. Il suo rovescio, la sua intima essenza, è un'altra domanda: che cosa è la vita? Non sarà il vostro cronista a darvi qui una soluzione a un interrogativo che da millenni viene riproposto e rielaborato, ma ognuno di noi nel corso della propria esistenza si pone davanti al dilemma del peso di vivere.

La vita di un essere umano è in fondo la capacità di un uomo e di una donna di esistere pienamente, riempire il proprio Essere di senso compiuto, di esperienza, farne Logos, in piena coscienza e libertà, senza coercizione. È un'aspirazione altissima, come vedete, ma possibile per miliardi di uomini e donne sulla Terra.

Che cos'è la morte? È la cessazione di questo stato armonioso dell'essere, ma la morte è anche l'interruzione di stati vitali elementari che non hanno la pienezza dell'essere umano perfettamente compiuto, risolto, che ha la piena facoltà di pensare e agire.

Siamo di fronte dunque a “stati di vita” diversi e a morti diverse in situazioni che escono dal canone normale della vita pienamente vissuta, libera da qualsiasi oppressione, “prigione biologica”.

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