Il 14 dicembre 2012 il 20enne Adama Lanza faceva irruzione nella scuola elementare di Sandy Hook, a Newtown, nello Stato Usa del Connecticut, armato di fucile semi-automatico Remington, aprendo il fuoco contro alunni e insegnanti. Fu un massacro: sotto i colpi del giovane morirono 26 persone, tra cui una ventina di bimbi di sei e sette anni.

Una strage – una delle più gravi mai compiute in Nordamerica - che lasciò sgomento il mondo (l’allora presidente Usa Barack Obama si commosse fino alle lacrime) e che rinfocolò il dibattito e le polemiche sull’accesso troppo facile alle armi negli Stati Uniti. 

A distanza di quasi 10 anni, prosegue la battaglia delle famiglie delle vittime per avere giustizia e risarcimenti. I parenti di nove dei piccoli alunni uccisi a Sandy Hook hanno infatti portato in tribunale proprio Remington, il più antico produttore di armi americano, chiedendone la condanna e un patteggiamento con esborso di una cifra tra i 225 milioni e il miliardo di dollari.

Ora l’azienda che produce armi - e che ha prodotto il fucile utilizzato per la strage del 2012 ed è indagata per omicidio colposo – ha presentato la sua offerta. Al ribasso: Remington ha infatti offerto 33 milioni di dollari complessivi, circa 3,6 milioni di euro a famiglia. Meno, molto meno, dunque, di quanto richiesto dalle famiglie.

Uno dei legali che assistono i parenti delle vittime, Josh Koskoff, ha affermato che l’offerta sarà comunque presa in considerazione, ma che la battaglia legale proseguirà, con la speranza di ottenere dall’azienda (che nel 2018 ha tra l’altro presentato domanda di fallimento) il massimo risarcimento possibile.

“L'obiettivo delle famiglie – ha sottolineato – è quello di dimostrare alle banche e agli assicuratori che le aziende che vendono armi d'assalto ai civili possono rischiare di pagare risarcimenti milionari, in modo da evitare in futuro nuove stragi come quella di Sandy Hook”.

(Unioneonline/l.f.)

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