La Chiesa prende posizione contro la pratica della maternità surrogata, «attraverso la quale il bambino, immensamente degno, diventa un mero oggetto».

E lo fa attraverso l’ex Sant’Uffizio, attraverso un documento intitolato “Dignitas infinita”, citando anche Papa Francesco: «Ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l'oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica». 

Secondo il Vaticano, la pratica della maternità surrogata «vìola, innanzitutto, la dignità del bambino», afferma il documento della Dottrina della fede.

«Ogni bambino, infatti, dal momento del concepimento, della nascita e poi nella crescita come ragazzo o ragazza, diventando adulto, possiede una dignità intangibile che si esprime chiaramente, benché in modo singolare e differenziato, in ogni fase della sua vita. Il bambino ha perciò il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un'origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve. Il riconoscimento della dignità della persona umana comporta, inoltre, anche quello della dignità dell'unione coniugale e della procreazione umana in tutte le loro dimensioni. In questa direzione, il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un "diritto al figlio" che non rispetta la dignità del figlio stesso come destinatario del dono gratuito della vita».

«La pratica della maternità surrogata vìola, nel medesimo tempo - prosegue il testo -, la dignità della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di assoggettarvisi. Con tale pratica, la donna si distacca del figlio che cresce in lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario di altri. Questo contrasta in ogni modo con la dignità fondamentale di ogni essere umano e il suo diritto di venire sempre riconosciuto per se stesso e mai come strumento per altro».

(Unioneonline/l.f.)

© Riproduzione riservata