Uccisa e data in pasto ai maiali, con i resti triturati da un trattore cingolato per cancellare ogni sua traccia.

Un femminicidio di ‘ndrangheta «efferato e straziante», così lo ha definito il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, compiuto per impedire a una donna di vivere la propria libertà.

A 7 anni dalla scomparsa di Maria Chindamo, di cui si sono perse le tracce nel maggio 2016, arriva la verità. Questo il quadro desolante che affiora dalla maxi operazione contro la criminalità organizzata condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia e dal Ros, che ha portato alla disarticolazione delle cosche di Mileto e Zungri e all’esecuzione di 84 misure cautelari.

Maria Chindano, 44 anni, tre figli e vedova dopo che il marito Vincenzo Puntoriero si era suicidato per non aver retto alla separazione, non poteva rifarsi una vita. Doveva essere punita. E pensare che si era rimessa a studiare all’università e voleva diventare imprenditrice agricola.

«Non le hanno perdonato la libertà e la gestione dei terreni avuti in eredità, su cui gravavano gli appetiti di una famiglia di ‘ndrangheta. E anche il suo nuovo amore», ha detto Gratteri.

Così Maria, tre giorni dopo aver postato sui social la foto con il nuovo compagno, è svanita nel nulla.

«Non si poteva permettere - ha aggiunto Gratteri - il lusso di rifarsi una vita, di gestire in modo imprenditoriale quel terreno e di poter curare e fare crescere i figli in modo libero e uscendo dalla mentalità mafiosa».

Il fratello Vincenzo non si è mai arreso: «Oggi – le sue parole – l’aria ha il profumo della giustizia».

(Unioneonline/L)

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