Non è facile comprendere come l’atmosfera in cui si viveva durante il Ventennio fascista fosse plumbea e come in ogni ambito – lavorativo, amicale, anche familiare – prevalesse un clima pesante, segnato dal sospetto. Un sospetto alimentato dalla paura di essere perennemente controllati, ascoltati, spiati. In ogni luogo, infatti, potevano essere all’opera le lunghe orecchie della polizia politica e dell’Ovra, l’ente che più di tutti vigilava sulla sicurezza del Duce e del regime.

È questa l’Italia, dominata dal perbenismo, dal conformismo e dalla delezione, che Gian Arturo Ferrari ambienta il suo primo giallo, “La storia se ne frega dell’onore” (Marsilio, 2024, Euro 15, pp. 128. Anche Ebook), un giallo che ricostruisce uno degli ambiti meno indagati del Ventennio: i rapporti, complessi e a volte ambigui tra fascismo ed editoria.

Nel libro di Ferrari tutto prende le mosse da un manoscritto misterioso. Luigi Bassetti, antifascista e direttore editoriale di una grande casa editrice, non se ne stacca mai, se lo porta sempre appresso in una borsa a tracolla, non lo fa vedere a nessuno. Non ne parla, tranne, ma solo per vaghi cenni, con Donatella Modiano, suo braccio destro a capo della segreteria editoriale e sua amante. Non sa, Bassetti, che Donatella è stata ricattata e arruolata come informatrice da un alto funzionario della polizia politica segreta, il commissario. Il quale vuole sapere, a tutti i costi, che cosa c’è scritto in quel famoso libro. E per saperlo è disposto a uccidere. Ma la sua determinazione dovrà fare i conti con la rabbia feroce di Donatella - animata da volontà sempre più determinata ad andare fino al fondo, di sapere la verità e di chiudere i conti – e con l’astuzia di un insospettabile.

Nella Milano del 1936, città di intrighi e di sospetti, dove molti hanno una doppia faccia e tutti sono avvolti da una ragnatela di silenzi, Gian Arturo Ferrari costruisce un’indagine appassionante sugli ambigui rapporti tra chi i libri li pubblica e chi vorrebbe, più o meno metaforicamente, bruciarli. Allo stesso tempo evoca lo spirito di un’Italia in doppio petto e camicia nera, intontita dalla violenza, dalla propaganda e dalla retorica di regime, ma in cui si agitavano già quei fermenti e quel desiderio di rinnovamento che si sarebbe espresso dopo il 1943.

La copertina
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