Nel 1865, alla fine della guerra di Secessione che aveva messo gli uni contro gli altri gli Stati del sud e quelli del Nord, negli Stati Uniti venne abolita la schiavitù. Circa quattro milioni di schiavi afroamericani persero formalmente le loro catene, ma non per questo divennero cittadini americani a tutti gli effetti. Secoli di schiavismo avevano radicato un diffuso razzismo nella società americana e in molti Stati del Sud la schiavitù venne sostituita con la segregazione razziale, cioè con leggi che miravano a creare una separazione netta all’interno della comunità americana. Da una parte dovevano stare i “bianchi”, che godevano dei pieni diritti, delle migliori possibilità di studio e di lavoro. Dall’altra gli ex-schiavi, che dovevano rassegnarsi alla discriminazione. Oppure dovevano combattere, nel vero senso della parola, per cercare di essere considerati dei cittadini americani di serie A.

Una di queste vicende di lotta per i propri diritti e per la propria dignità ci viene narrata nel graphic novel “Jazz Lieutenant” (21 lettere, 2023, pp. 80) sceneggiato da Malo Durand e illustrato da Erwan Le Bot per i disegni e da Julien Weber-Acquaviva, in arte Jiwa, ai colori.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il volume, infatti, rievoca fatti realmente accaduti nel periodo in cui l’Europa era sconvolta dalla Prima guerra mondiale.

Per tre anni gli Stati Uniti erano rimasti fuori dal conflitto, ma nel 1917 il governo americano aveva deciso di inviare delle truppe per combattere al fianco di francesi e inglesi. James Reese Europe, pianista, violinista, compositore e direttore d'orchestra nato in uno degli Stati dove il razzismo era più diffuso, l’Alabama, scelse di arruolarsi per combattere sul fronte europeo come facevano tanti soldati bianchi. Non era una scelta facile perché nell’esercito gli afroamericani erano a malapena tollerati dagli alti comandi. Inoltre, gli Stati Uniti stavano affrontando una stagione di recrudescenza del razzismo. L’organizzazione razzista Ku Klux Klan – nata negli Stati del Sud nel 1865-66 per protestare contro l’abolizione della schiavitù e difendere la “vera identità americana”, soppressa tra il 1869 e il 1871 – era stata ricostituita da poco, nel 1915, e contava già centinaia di migliaia di adepti, destinati a diventare circa 2,5 milioni nel 1925.

Nonostante queste premesse Europe indossò la divisa. Gli venne assegnato il grado di tenente e il compito di dirigere e organizzare la banda del 369° Fanteria, un reparto totalmente formato da militari di colore. L’obbiettivo dei comandanti era, nei fatti, impedire che i soldati neri combattessero veramente. Si voleva solo farli sfilare e suonare, mostrando così al mondo un’uguaglianza razziale che nei fatti non esisteva. L’orchestra di James Reese Europe, in effetti, conquistò gli europei con i suoi ritmi modernissimi, forieri del jazz. Però quei musicisti in divisa fecero molto di più. Compresero che la musica, per quanto nuova, libera e liberatoria fosse, non poteva bastare a scuotere le coscienze in un continente in guerra. Dovevano abbandonare gli strumenti e prendere in mano le armi. Vivere nelle trincee e affrontare il fuoco nemico. Fu il loro modo di testimoniare al mondo che meritavano quei diritti che venivano loro negati, perché facevano fino in fondo il loro dovere.

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