Sergio Endrigo è stato uno dei cantautori di maggior successo degli anni Sessanta e Settanta. Ha scritto capolavori popolarissimi come Io che amo solo te e Lontano dagli occhi.

Ha vinto il Festival di Sanremo del 1968 e ha rinnovato il mondo della canzone per bambini mettendo in musica le parole del grande Gianni Rodari come nella celeberrima Ci vuole un fiore.

Nella sua lunga carriera cominciata negli anni Cinquanta e proseguita fino alla morte nel 2005 ha collaborato con scrittori e poeti come Pier Paolo Pasolini, Vinicius de Moraes e Giuseppe Ungaretti e con musicisti come Toquinho e Luis Bacalov. Un curriculum veramente di tutto rispetto nonostante il quale Endrigo rimane un autore poco conosciuto, soprattutto per quello che riguarda la sua produzione più recente, e in parte dimenticato.

A pesare sulla parte finale della sua carriera è stato prima di tutto un grave problema all’udito che ne ha limitato la produzione e le esibizioni dal vivo. A questo si è aggiunto una certo ostracismo del mondo discografico legato al fatto che il cantautore nato a Pola nel 1933 non amava inseguire mode e rifuggiva le trasmissioni amarcord dove gli venivano richiesti i soliti vecchi successi.

A riaccendere l’attenzione su questo grande della musica italiana è stata in questi mesi la biografia che gli ha dedicato la figlia Claudia, Sergio Endrigo, mio padre. Artista per caso (Feltrinelli, 2017, euro 16, pp. 204. Anche Ebook), un libro per scoprire l’uomo e riscoprire il musicista e cantautore. Musicista e cantautore nato in maniera abbastanza inattesa come spiega proprio l’autrice :

Il sottotitolo del libro è 'artista per caso' perché mio padre non nacque con l’idea di fare il cantante o il cantautore. Proveniva da una famiglia molto povera, faceva ogni tipo di mestiere per andare avanti. Quando cominciò a suonare nei night o nelle balere lo fece perché così guadagnava di più che a fare il fattorino. Poi col tempo capì di non volere fare il cantante da night tutta la vita e allora ebbe la fortuna di incontrare un grande produttore discografico come Nanni Ricordi e di cominciare a scrivere e pubblicare canzoni. Insomma, il talento e la passione c’erano ma cantautore Sergio Endrigo lo diventa veramente per caso.

Che rapporto aveva con il pubblico e la popolarità?

"Adorava il pubblico e il pubblico lo adorava. La popolarità allo stesso tempo lo imbarazzava. Quando lo chiamavano 'maestro' arrossiva anche perché considerava quello che faceva un mestiere non diverso da tanti altri".

A partire dagli anni Novanta Sergio Endrigo ha incontrato molte difficoltà a far conoscere i suoi nuovi lavori, che spesso venivano distribuiti poco e male. Come le ha vissute?

"Era una situazione umiliante e incomprensibile: dischi già pronti che non venivano in alcun modo promossi e quindi finivano inevitabilmente nel dimenticatoio. Molti poi non sono stati neppure ristampati su CD e a mio padre non è stata dedicata mai una raccolta ufficiale, che rivalutasse il suo patrimonio musicale. Oggi lo possiamo riascoltare soprattutto grazie al canale a lui dedicato che ho creato su You Tube. Insomma fu una situazione veramente frustrante per mio padre che si aggiunse al problema di udito che lo tormentò a partire dalla metà degli anni '80".

Scrivendo il libro cosa ha scoperto di suo padre?

"Ho scoperto molto sulla sua infanzia e suoi anni giovanili ma soprattutto parlando con tante persone che hanno conosciuto e lavorato con Sergio Endrigo ho avuto la conferma di come mio padre fosse una persona profondamente onesta, giusta, coerente. Aveva anche grandi difetti come racconto ampiamente nel libro però queste doti di coerenza e onestà sono innegabili e mi hanno fatto sentire ancora di più la sua mancanza".

Qual è la grande eredità lasciata da Sergio Endrigo?

"Mio padre è stato soprattutto un grande cantore dell’amore e la grande eredità che ci ha lasciato sono le sue canzoni e la sua musica, canzoni e musica che sono ancora in buona parte da scoprire".

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