A madeus lascia la Rai e Fiorello sta per mollarla. E allora? Al massimo un tuono in una giornata di “vento e di paglia” (Paolo Conte). Il popolo che ha altri problemi sbotterebbe: me ne frego o “mi n’affutu” alla sassarese. L’opposto di “I care”, me ne occupo di don Milani, riproposto con scarso successo da Walter Veltroni in una tornata elettorale, per dare un senso ad un sogno oltre i “pacchi” scartati da Amadeus a RaiUno dopo il telegiornale del potere e i 5 minuti eterni di Bruno Vespa. Di questi tempi gli ideali marciano sfacciatamente dove cuor comanda e portafoglio richiede, infischiandosene dei richiami di Papa Francesco e dei desideri dei cittadini che pagando il canone non contestano Amadeus o Fiorello, che sbrigano alla meglio il loro dovere, ma quel che resta della Rai come servizio pubblico. Su quel versante tutto tace, canone compreso, che per Salvini aveva i giorni contati ma che resta ancora appiccicato alla bolletta della luce. La sinistra e i sindacati contestano la Rai ridotta a gazzettino delle vittorie vere o presunte di palazzo Chigi. In Parlamento si riparla della “par condicio” che riduce la politica ad orologi ad acqua o a sabbia. La buona informazione non si misura con le lancette e non può concludersi con la formula di rito “Il tempo è scaduto”, trascurando la richiesta di risarcimento danni a chi lo concede.

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