U n tempo gli “strani” venivano divisi in due categorie: “disturbati buoni e disturbati cattivi, da galera”. I primi non facevano male a nessuno, gli altri venivano controllati dal paese. I tempi cambiano e persino il vicino di casa non sente, non vede e non parla. Le famiglie si frantumano, le istituzioni sono stanche e la politica in altre faccende affaccendata. La scuola promuove e, raramente, boccia. Le famiglie cedono il passo ai social. L’assassinio di Giulia Cecchettin richiama famiglie, scuola, rapper, trapper e istituzioni a misurare le parole, a valorizzare gli esempi e a rispettare le regole anche se non condivise da una minoranza. Politici di basso profilo straparlano, offendono salvo poi chiedere scusa o far credere di essere stati fraintesi e decontestualizzati: basta, gli irresponsabili recuperino le responsabilità. Le regole siano modelli non trattabili, l’esempio ritorni ad essere sostanza di vita come cedere il posto a donne, anziani e deboli. L’aula del Senato semideserta durante il dibattito sul femminicidio non aiuta. Lo scrittore Vincenzo Consolo scriveva che la forza del libro di Carlo Levi “Le parole sono pietre” è concentrata in una parola: amore. Da questo amore poi, discende “l’ironia e l’invettiva contro il disumano, contro i responsabili dei mali e la risolutezza nel ristabilire il senso della verità e della giustizia”.

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