N ell’intervista sul rapporto fra Putin e Berlusconi che Cicchitto ha rilasciato al Corriere un paio di giorni fa c’è un pugno di righe che vale un trattato di antropologia. Ovviamente è il passaggio sul russo che porta l’amico italiano nel bosco a caccia di caprioli e gliene indica un paio, ma quello si rifiuta di sparare e allora Vladimir li abbatte entrambi, li squarta con un coltellaccio, a uno strappa il cuore e lo porge sanguinolento a Silvio. Che si apparta dietro una betulla e vomita di slancio.

La nostra rimozione dei traumi infantili e la melassa disneyana spalmata per decenni sul nostro immaginario ce lo hanno fatto dimenticare, ma le fiabe sono fra i testi più crudeli mai concepiti, non a caso il cuore della bestiola estratto ancora pulsante è un topos di Biancaneve. Quindi la prodezza barbarica di Putin e la reazione gastrica del Cav sono l’essenza di un derby tra fratelli Grimm e Vanzina, con l’arci-italiano richiamato dalle volte barocche della sua leggenda autopubblicata per sbattere il muso sulla cruda realtà delle favole, turbato come un Boldi versione cappuccetto rosso. “Vi mancherà”, profetizzarono i suoi adepti quando Silvione si spense. Un pochino sì, almeno come ambasciatore di un comune, forse anche banale senso di umanità alla corte dark di un cacciatore che invece è ancora vivo, e continua a scrivere molta della fiaba che abitiamo.

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