Da Gairo Vecchio, passando per Rebeccu e Lollove, ecco i paesi fantasma della Sardegna assolutamente da visitare.

Gairo Vecchio – Pare che il nome gairo significhi “terra che scorre”. Non a caso le sue tormentate vicende, iniziate a fine XIX secolo, proprio a causa dell’instabilità del suolo su cui sorge ebbero un esito drammatico nell’ottobre del 1951. Oggi della Gairo “vecchia” si vedono i ruderi degli edifici rimasti tenacemente aggrappati alla roccia del monte Trunconi, che domina sulla valle del rio Pardu, tra viuzze in terra battuta e in selciato collegate da scalette e viottoli inclinati. Le strade, infatti, delimitavano i terrazzamenti sui quali sorgevano le costruzioni, pertanto sono disposti orizzontalmente, su livelli sfalsati, lungo il pendio.
Osini Vecchio – Un paese vissuto due volte. L’attuale centro abitato di Osini fu ricostruito un chilometro più a nord, dopo una devastante alluvione del 1951. Nella “Osini storica”, nata nel Medioevo, inglobata nei giudicati, prima, di Calari, poi di Gallura e passata sotto dominio aragonese e spagnolo, si conservano case disabitate e la seicentesca chiesa di santa Susanna: un paese fantasma sospeso e immoto, che torna a vivere due giorni all’anno, ad agosto, durante le celebrazioni in onore della santa. Il “nuovo”, popolato da 800 abitanti e impreziosito da capolavori degli artisti sardi Maria Lai, Costantino Nivola e Pinuccio Sciola, è inserito in uno scenario montano incontaminato, tra gole, dirupi e falesie ammantate di verde mediterraneo: una foresta di lecci, uliveti, orti e vigneti, da cui si ricava un ottimo cannonau.

Le case di Rebeccu (Archivio L'Unione Sarda)
Le case di Rebeccu (Archivio L'Unione Sarda)
Le case di Rebeccu (Archivio L'Unione Sarda)

Rebeccu – Si erge su un costone roccioso del Meilogu, a dominio della piana di Santa Lucia, a sei chilometri da Bonorva, isolato e popolato soltanto dalle leggende che lo hanno reso celebre. Rebeccu è un borgo medievale dal prestigioso passato, oggi pressoché disabitato, un tempo capoluogo della curatoria di Costavalle e punto strategico al confine tra i giudicati d’Arborea e Torres. Poche case in pietra, alcune restaurate, una chiesetta e un cimitero sconsacrato lo rendono al tempo stesso inquieto e suggestivo, soprattutto alla luce dei racconti che lo riguardano. Il più celebre riguarda il re Beccu, feudatario del villaggio, e la figlia, la principessa Donoria: ritenuta una strega, allontanata dal villaggio mentre la sua dimora veniva distrutta da un rogo. Nell’abbandonarla, legata a un mulo, lanciò la “maledizione delle trenta case”: Rebeccu non avrebbe mai avuto più di trenta abitazioni. Secondo alcune versioni anche il padre lanciò il suo anatema, provocando l’avvelenamento delle numerose fonti d’acqua nei dintorni.
Santa Chiara – Unica cattedrale al mondo intitolata alla santa di Assisi, incarna, nelle strutture originarie superstiti, il passaggio dalle linee romaniche a quelle gotiche, entrambe rivisitate in chiave sarda. La raffinata facciata e l’imponente campanile della cattedrale di santa Chiara sorgono nel centro storico di Iglesias, nella piazza principale, che ospita anche il municipio e il palazzo vescovile. Le testimonianze epigrafiche collocano la costruzione della chiesa negli anni Ottanta del XIII secolo per volontà del conte Ugolino della Gherardesca. Fu cattedrale una prima volta per un decennio, dal 1503, quando la diocesi fu trasferita da Tratalias alla città mineraria, al 1513, anno di soppressione della cattedra sulcitana. Nel 1736 riacquistò definitivamente il titolo.

Lollove (Archivio L'Unione Sarda)
Lollove (Archivio L'Unione Sarda)
Lollove (Archivio L'Unione Sarda)

Lollove – Inquietudine e mistero aleggiano su Lollove, luogo senza tempo, inserito nel club dei borghi più belli d'Italia. Tra ripide e strette viuzze in acciottolato e case in pietra grigia inerpicate sul declivio di una collina, si può godere del panorama sulla vallata sottostante. Poche abitazioni sono intatte, molte in rovina: hanno tetti spioventi, coperti da tegole d’argilla, laddove non sono crollate, finestre con vasi di fiori e porte con architravi. Dentro, immancabili sono camino e forno a legna. Ora regna un silenzio surreale che evoca racconti antichi. Gli anziani rimasti narrano che una o più francescane “penitenti” dell’antico monastero di via Bixio, cui faceva capo la seicentesca l’ex parrocchiale tardo-gotica di Santa Maria Maddalena, furono accusate di rapporti carnali con pastori locali. Scoperto lo scandalo, le monache, sdegnate per infamia e comportamento delle consorelle, abbandonarono il villaggio scagliandogli contro una maledizione: «Lollove sarai come l’acqua del mare, non crescerai né mostrerai (di crescere) mai!».
Villaggio Asproni – Situato a poca distanza dalla città di Iglesias, sopra le colline da cui si vede in lontananza il mare, il Villaggio fu edificato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento per volontà dell’Ing. Giorgio Asproni nelle vicinanze della miniera di cui lo stesso Asproni era divenuto proprietario e nella quale per i successivi quarant’anni avrebbe investito il notevole patrimonio di famiglia. La storia del Villaggio è stata dunque sin dall’inizio strettamente legata alla storia della miniera e la vita del Villaggio, a cui Asproni non fece mancare nulla e in cui lui stesso visse con tutta la famiglia, si è intrecciata per decenni alla vita del suo fondatore, riuscendo a sopravvivergli per altri 30 anni dopo la morte, avvenuta nel 1936.

(Unioneonline/D)

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