Lavoro, lavoro, lavoro. È la priorità di Gavino Manca, sassarese, 47 anni, consigliere regionale da tre legislature. Renziano della prima ora, Manca (che in via Roma presiede la commissione Lavoro e Cultura) è in corsa con il Partito democratico per un posto da deputato passando per il collegio 2 del proporzionale. «In questi anni», spiega Gavino Manca, «mi sono impegnato in prima persona nella riforma dei servizi per il lavoro e per la stabilizzazione dei precari. C'è tanto da fare ma questo rimane lo snodo principale per far ripartire l'Isola».

Visto dalla Sardegna: Europa madre o matrigna?

«L'Europa politica è una delle più grandi conquiste degli ultimi cento anni: ha garantito una prolungata pace nel nostro Continente, ha promosso l'uguaglianza e lo sviluppo dei diversi Paesi, puntando sulle infrastrutture, sulla cultura, sul sociale e sull'ambiente come non avviene in nessun'altra parte del mondo. Certo, Bruxelles è molto lontana dai cittadini e va migliorato il processo di rappresentanza negli organismi comunitari. Ma la Sardegna non può pensare di staccarsi da questo processo e andare da sola. Sarebbe un suicidio».

Come sta il Partito democratico? Che impressioni le sta restituendo la campagna elettorale?

«Tutti i giorni, nelle città e nei paesi, incontriamo il popolo dei circoli. Questa campagna elettorale conferma che il Pd è l'unico movimento veramente democratico che c'è in Italia. L'ultimo posto rimasto dove è possibile fare vita politica, eleggere i propri rappresentanti e confrontarsi su temi e programmi in modo schietto e trasparente. Senza urne elettroniche gestite da una società privata. Siamo un presidio della democrazia».

Lei è stato tra i primissimi a credere in Matteo Renzi. Rispetto all'immediato post-referendum, oggi il Pd riesce a trasmettere il suo spirito riformista?

«Renzi ha recentemente ricordato che il Partito Democratico è una "forza tranquilla" riformista e affidabile. Il referendum non ha fermato la nostra ambizione di riformare il Paese. Dopo il famoso 40% delle Europee, Renzi avrebbe potuto "tirare a campare" cullandosi sopra un consenso impressionante. Invece ha preferito proporre agli italiani una riforma coraggiosa e necessaria. La crisi economica non era ancora passata e i professionisti della paura e del disfattismo sono stati più convincenti. Ma noi andiamo avanti perché l'Italia ha bisogno del cambiamento».

Le liste chiuse a Roma sono state un elemento "ingombrante". Alla fine va sempre così, per tutti, ma al Pd vogliono "farla pesare".

«Di certo i limiti e i ritardi dell'approvazione della nuova legge elettorale hanno pesato anche su di noi. Resta però una differenza tra il Pd e le altre liste e riguarda la qualità del personale politico. Io penso che le persone che proponiamo agli elettori rappresentino nel loro insieme una classe dirigente credibile, responsabile e competente. Radicata nel territorio e accomunata dal senso delle istituzioni. Si dica quel che si vuole ma tra di noi non ci sono né paracadutati dal Continente né persone improvvisate».

Cinquestelle e Lega fanno breccia tra i moderati…

«I Cinquestelle e la Lega ci provano a indossare la maschera della moderazione, per tranquillizzare i mercati, i partner internazionali e l'elettorato più avanti negli anni. Ma nessuno dimentica il mix di ignoranza e odio su cui hanno costruito il loro percorso politico. Non hanno cambiato pelle e non la cambieranno. Fatevi un giro sul web e guardate cosa dicevano i leghisti fino a poco tempo fa dei meridionali».

Come andrà a finire? Berlusconi, Renzi e il Rosatellum... Un piano che "costringe" alle larghe intese?

«Chi dice che centrodestra e centrosinistra si siano già accordati non ha letto i rispettivi programmi. Ci sono differenze abissali: dal rifiuto del neo-assistenzialismo alla vocazione europeista, dalla lotta all'evasione fiscale ai progetti di riforma dello Stato. Soprattutto ci differenzia un aspetto: il nostro programma non è stato scritto per alimentare le paure degli italiani o per illuderli, ma per trovare risposte concrete in grado di soddisfare i bisogni di tutti. Noi stiamo correndo per governare da soli. Ma a differenza del comportamento assunto dai Cinquestelle con Bersani, se sarà necessario potremmo anche fare una scelta di responsabilità per il bene degli italiani».

Nicola Scano

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