Una storia commuove il Regno Unito e fa discutere l'opinione pubblica sulla reale efficacia dei servizi sociali britannici. E' quella di Gavin (ma il nome è di fantasia), un bimbo che ha deciso di suicidarsi una settimana prima di compiere il suo decimo compleanno. Il corpo del piccolo è stato trovato impiccato nella città di Stockton, lo scorso maggio. Ma la storia è divenuta di dominio pubblico sui media inglesi in questi giorni, dopo la pubblicazione della relazione stilata dalle autorità sulla triste vicenda. Secondo tale relazione, il piccolo avrebbe deciso di porre fine alla sua giovanissima vita perché non più capace di sopportare una situazione famigliare degradata, fatta di "abusi, violenze fisiche e psicologiche e condizioni di povertà estreme". Maggiore di tre fratelli, era stato più volte sottratto ai genitori, di cui non è stata diffusa l'identità, e trasferito in centri di protezione dell'infanzia o ospitato in famiglie affidatarie. Ma sempre per periodi limitati e provvisori. Chi lo conosceva lo descrive come vivace, allegro, affabile. Ma, dice il preside della sua scuola, "anche quando sembrava felice aveva un'aria triste". Poi la sconvolgente tragedia. Nella relazione si dice che gli operatori sociali sono stati "incapaci" di comprendere il dramma e le preoccupazioni che agitavano l'animo del piccolo. Addirittura, ci sarebbero state "occasioni mancate" in cui gli assistenti sociali avrebbero potuto e dovuto intervenire, ma non l'hanno fatto. Una vicenda che sta facendo riflettere, non senza polemiche, sull'effettiva capacità delle istituzioni preposte alla tutela dell'infanzia di capire, prevenire e risolvere le ragioni del malessere delle nuove generazioni.
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