Ancora orrore in Siria. I miliziani islamisti dell'Isis ha decapitato in una piazza pubblica al confine con l'Iraq quattro persone. Alla base della macabre esecuzione, l'appartenenza delle vittime a una tribù locale sunnita, gli Shaitat, in passato già presa di mira dall'Isis. I quattro, inoltre, erano accusati di collaborare con il regime di Damasco. La notizia è riferita dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che precisa che lo scorso agosto i guerriglieri Isis avevano già seminato strage all'interno della stessa tribù, trucidando circa 700 persone, molte delle quali decapitate. Carneficine che hanno ricevute la condanna anche di Mahfoudh Ould Waled, alias Abou Hafs, ex esponente di spicco di un altro gruppo jihadista: al Qaeda. Di nazionalità mauritana, Ould Waled, che, prima di "deporre le armi", nella sua "carriera" all'interno del gruppo terroristico fondato da Osama Bin Laden è riuscito ad arrivare addirittura al terzo posto della scala gerarchica, ha criticato con asprezza quanto lo Stato islamico sta facendo in particolare le esecuzioni, di massa e di singole persone, come i giornalisti. Waled, in un'intervista al canale satellitare arabo Akhbar Al An, ha detto che "le esecuzioni massicce, segnatamente quelle di giornalisti o di prigionieri musulmani o non musulmani costituiscono degli atti condannati dall'Islam". Ricordando anche che l'Islam proibisce "l'esecuzione di bambini, di donne, di anziani e di uomini disarmati"
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