Numerose tracce del dna di Salvatore Atzas sono state trovate nei reperti rinvenuti nella cella-prigione ricavata nell'ovile di Su Padru in cui è stato tenuto segregato Titti Pinna dal 19 settembre 2006 al 28 maggio 2007. Tra esse, oltre a quelle dell'ostaggio, tracce delle impronte di Atzas sono state trovate su otto oggetti, tra cui del pane carasau chiuso in una busta di plastica, su varie buste e bottiglie. Su un passamontagna, inoltre, sono state recuperate tracce di dna attribuibili ad Atzas e a Titti Pinna. E' quanto emerso oggi nell'udienza del processo in corso contro pastori sedilesi Salvatore Atzas e Natalino Barranca, accusati di essere stati i custodi dell'allevatore bonorvese. Impronte di Barranca sono state trovate invece su alcune bottiglie di birra e su un mozzicone di sigaretta all'interno dell'ovile, ma fuori dalla cella chiusa su tre lati da miratura e dal quarto da una parete di balle di fieno. Nella cucina sono state trovate su una mascherina per la polvere, tracce di dna appartenenti a una terza persona, che secondo il colonnello Giovanni Delogu, comandante del Ris di Cagliari, che ha deposto oggi in aula, sono da attribuire a un parente diretto maschio di Salvatore Atzas.

LA CATENA. In apertura dell'udienza, il collegio presieduto da Plinia Azzena (a latere Marina Capitta e Giuseppe Grotteria) ha respinto l'opposizione della difesa di Atzas, che chiedeva l'esame dei periti nominati dal pm Gilberto Ganassi contestualmente alla deposizione dell'ex ostaggio. Nel corso del dibattimento, come sempre a tratti aspro tra i legali di Atzas e il pubblico ministero, è stata esaminata in aula anche la catena che Pinna ha portato al collo per tutto il tempo della sua prigionia. Lunga 330 centimetri, era fissata con un lucchetto a un'estremità per formare un collare del diametro di sedici centimetri e ad essa è legato del filo di ferro. Il difensore di Natalino Barranca, Pasqualino Federici, ha insistito col comandante dei Ris di Cagliari, il colonnello Giovanni Delogu, su alcune tracce di ruggine ritrovate su un anello della catena, che secondo il colonnello Delogu, è stato rotto "per riscaldamento e forzatura" e non tranciato di netto con un utensile. Le difese hanno preannunciato la possibile nomina di un perito di parte che esamini il corpo del reato esibito in aula. In precedenza era stato sentito il geometra Paolo Meloni, che ha effettuato i rilievi strutturali dell'ovile di Su Padru. Dalla sua deposizione è emerso che la cella in cui il rapito è stato tenuto segregato è alta un metro e 58 centimetri, larga uno e 68 e unga circa un metro e trenta.

IL GIORNALE. Nell'ovile di Su Padru gestito da Salvatore Atzas è stata trovata anche una copia del quotidiano "L'Unione Sarda" del 26 maggio 2007, due giorni prima della fuga di Titti Pinna, con una parte mancante. Da un esame dei Ris di Cagliari, effettuato sulla pagina sottostante, ha spiegato durante la sua deposizione il comandante, colonnello Giovanni Delogu, si evidenziano le parole scritte dall'ostaggio nel suo ultimo messaggio alla famiglia, mai giunto a destinazione. Nel suo scritto, come confermato dallo stesso Pinna in aula, chiedeva alla sorella e alla zia Ica di fare il possibile per riportarlo a casa, chiedendo alla sorella Maria di sposarsi e parlando di un viaggio che avrebbero dovuto compiere insieme a Verona.

IL CONTROINTERROGATORIO. Titti Pinna tornerà in aula martedì prossimo, per rispondere alle domande degli avvocati Rosaria Manconi e Salvatore Porcu, legali di Salvatore Atzas, imputato con Natalino Barranca nel processo per il sequestro dell'allevatore bonorvese. L'ex ostaggio, che avrebbe dovuto affrontare oggi il controinterrogatorio, è ricoverato nel reparto di Urologia dell'ospedale di Ghilarza per dei dolori addominali provocati da calcoli che gli hanno impedito di essere presente oggi nell'aula della corte d'assise del tribunale di Sassari.

 
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