Mafia, morto Provenzano. Pietro Grasso: "Si porta dietro tanti misteri"
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Il boss di mafia Bernardo Provenzano è morto questa mattina.
83 anni, da tempo era in gravi condizioni di salute ed era ricoverato all'ospedale San Paolo di Milano dal 9 aprile 2014, in regime di 41 bis dopo la condanna a 20 ergastoli che stava scontando al carcere di Parma.
Latitante per 43 anni, era stato arrestato l'11 aprile del 2006 a Corleone (Palermo); aveva due figli: Angelo e Francesco Paolo.
Dal 2014 era in stato vegetativo, incapace di comunicare; la compagna di tutta la vita, Saveria Benedetta Palazzolo, aveva raggiunto il suo capezzale in queste ore, insieme ad altri componenti della famiglia, dopo l'aggravarsi delle sue condizioni.
Sul corpo è stata disposta l'autopsia.
IL LEGALE - "Bernardo Provenzano, per me, non è morto oggi ma quattro anni fa quando era caduto in carcere. In realtà da quel momento, il 41 bis è stato applicato alla moglie e ai figli, dal momento non era più in grado di intendere e volere, e neppure di parlare". Queste le parole di Rosalba Di Gregorio, legale del boss.
Il riferimento è all'incidente avuto da Provenzano nel 2012, dopo il quale era stato soccorso dalle guardie penitenziarie e ricoverato d'urgenza all'ospedale di Parma.
"TRATTAMENTO DISUMANO" - L'avvocato lancia anche una polemica: "I medici avevano detto alla famiglia di salire a Milano, perché mancavano poche ore alla sua morte. I parenti non lo vedevano da domenica, hanno potuto usufruire solo del colloquio mensile di luglio ed è assurdo. Per passare gli ultimi istanti con lui, lunedì il figlio aveva fatto richiesta del Dap, un permesso straordinario. Ma tale permesso gli è stato negato ed è arrivato solo oggi, questa mattina, dopo la morte".
Un trattamento che Di Gregorio reputa "disumano".
"NESSUNA COMMOZIONE" - Giuseppe Gualtieri, oggi Questore di Potenza, 10 anni fa a capo della Squadra Mobile che arrestò il boss, commenta invece così: "Cosa posso dire? Che ricordo con grande emozione il giorno in cui arrestai Provenzano, ricordo le lacrime di tutti i miei ragazzi per quella grande vittoria. Sulla sua morte non ho molto da dire. Certo, non posso dire di essermi commosso per le sue cattive condizioni di salute degli ultimi tempi e per il fatto che fosse rimasto in carcere nonostante le richieste di
differimento della pena".
Parole simili quelle pronunciate da Marzia Sabella, magistrato che coordinò il blitz che portò all'arresto, nel 2006: "La morte è un fatto umano. Certo, non dico che sono dispiaciuta, perché lo sarei solo per un conoscente, non per lui".
"SI PORTA DIETRO TANTI MISTERI" - "Provenzano è stato per decenni il capo di Cosa nostra, macchiandosi di crimini e stragi efferate, nonché il vertice delle più segrete trame del nostro tempo", ha scritto su Facebook il presidente del Senato Pietro Grasso, ex magistrato. "Dalla sua cattura - ha aggiunto - è iniziata la speranza di un cambiamento fino ad allora ritenuto impossibile: l'impegno per distruggere il 'sistema Provenzano', fatto di profitti illeciti e di illegalità diffusa, di corruzione e di collusione all'interno sistema politico, imprenditoriale e affaristico".
Il superboss, chiosa Grasso, "porta con sé tanti misteri, pezzi di verità che abbiamo il dovere di continuare a cercare. Il bisogno di verità e giustizia non muore mai".