"Non sono io il boss dei trafficanti", ha detto l'eritreo arrestato in Sudan ed estradato in Italia al giudice delle indagini preliminari nel corso dell'interrogatorio al carcere romano di Regina Coeli con l'accusa di essere uno dei "boss" che gestiscono la tratta illegale dei migranti.

Ha però riconosciuto la propria voce nelle intercettazioni effettuate dagli inquirenti di Palermo, che hanno condotto l'indagine, e di essere lui quello arrestato lo scorso 24 maggio a Khartoum.

Secondo i magistrati, quindi, si tratta proprio di Mered Mehanie, mentre secondo l'intelligence inglese e i familiari la vicenda ruota intorno a uno scambio di persona; quello finito in manette sarebbe in realtà Mered Tesfamariam - nome che lui stesso ha confermato -, un rifugiato di 28 anni, mentre il vero boss avrebbe 35 anni.

"Voglio dire alla polizia italiana che mio fratello è innocente, che non è il Medhane che cercano. Per favore, che la polizia indaghi, voglio che mio fratello sia liberato, non voglio che sia arrestato per cose che non ha fatto, è un uomo onesto, non ha fatto niente di male", ha detto la sorella.
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