Gli effetti della pandemia si sono fatti sentire non solo sul sistema sanitario nazionale ma anche su quello economico. In 365 giorni è cresciuto il numero di famiglie e individui poveri in Italia. Nell’anno della pandemia il numero di italiani in povertà assoluta è passato dai 4,6 milioni del 2019 a 5,6 milioni. Prima del Covid il 7,7% della popolazione non poteva permettersi l’acquisto di beni essenziali (come le spese per la casa, la salute e il vestiario). Nel 2020 questa quota è salita al 9,4%.

I numeri

Numeri davvero da brividi se si fa un paragone ad esempio tra il 2005 e il 2020: 1,91 milioni gli italiani in povertà assoluta sedici anni fa, contro i 5,60 dello scorso anno. Nel 2020 una crescita senza precedenti che ha provocato un impatto dirompente sulla vita delle persone. E, di conseguenza, anche una sfida enorme per le amministrazioni pubbliche. Da un lato, per la necessità di cercare di aumentare di conseguenza gli aiuti alle tante persone in difficoltà, per la perdita del lavoro o per la chiusura temporanea della propria attività. Dall'altro, perché la crisi economica e dei consumi ha portato con se un minor gettito con cui fare fronte all'emergenza, così come alle attività ordinarie degli enti. Tanto per rendere l’idea i comuni sono nel marzo 2020 hanno erogato 400 milioni per i buoni spesa.

I sussidi

Il primo di una lunga lista di sussidi. A partire dal fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali: nel 2020 con risorse aggiuntive pari a 3,5 miliardi, di cui 3 destinati ai comuni e 500 milioni a province e città metropolitane. E poi ancora gli aiuti erogati ai comuni per le famiglie in difficoltà, raddoppiati a 800 milioni di euro ad esempio.

«Per fare fronte alla pandemia è stata quindi mobilitata una mole significativa di risorse, ma come assicurarsi anche di destinarle correttamente sul territorio? Per una parte di questi stanziamenti si sono rivelati utili il lavoro e le metodologie sviluppate per i fabbisogni standard che sono indicatori che stimano il fabbisogno finanziario necessario ai comuni per svolgere le proprie funzioni fondamentali, dal trasporto pubblico ai servizi sociali, dagli asili nido alla polizia locale», sottolineano gli esperti della Fondazione Openpolis che su questo tema hanno pubblicato uno studio. Facile più a dirsi che a farsi in realtà. Quasi sempre infatti i dati a disposizione non hanno la gradualità che servirebbe in questi casi, ovvero comunale e addirittura quartiere per quartiere per le città maggiori. In questo contesto l'esigenza, dalle prime settimane di crisi, «era elaborare una stima delle variazioni di entrata e di spesa degli enti locali italiani colpiti dalle conseguenze della pandemia».

Il metodo

«Misurare l'impatto dell'emergenza Covid sulle casse dei comuni italiani significa stimare 3 tipi di effetti diversi, tra loro connessi. L'impatto socio-sanitario, quello economico e quello finanziario, riguardante le entrate e le spese dei comuni», si legge nel report. Sul primo tipo di shock è stata considerata la diffusione territoriale dei contagi e la pressione sugli ospedali. Poi l'impatto sui redditi di aziende e lavoratori. «La riduzione media nazionale (annuale) dei ricavi dell’attività di impresa e lavoro autonomo è stata stimata in misura pari al 18,92%. Una volta determinato il grado di contrazione dei ricavi, è stato stimato il reddito disponibile sui territori e la relazione tra calo dei redditi e crescita della povertà», precisano gli esperti. Da qui poi l'impatto sulle casse pubbliche, sia per gli interventi straordinari di aiuto a famiglie e imprese che per la contrazione delle entrate derivanti da imposte e tasse. Una valutazione effettuata ponderando, per ogni servizio offerto, i potenziali aumenti di spesa con le potenziali riduzioni di spesa.

La distribuzione dei fondi

E’ stato deciso un fondo di 1,15 miliardi da ripartire quindi tra i comuni. «Per procedere alla ripartizione tra i comuni, ad esempio, era essenziale avere una stima delle variazioni dei redditi durante l'emergenza. Si tratta infatti del presupposto per valutare l'impatto del minor gettito dall'addizionale comunale Irpef sulle casse dei comuni», spiegano da Openpolis. La stima della perdita di addizionale comunale Irpef nel 2021, come valutato dal Dipartimento delle Finanze, è di 150 milioni.

In Sardegna

La stima di minori entrate nette nel 2021 vede Cagliari al primo posto con 2.966.381 euro, una perdita di addizionale Irpef di 354.650,. Dopo Cagliari, Quartu Sant’Elena con 771.642 euro di minori entrate e 119.513 di Irpef. Al terzo posto Monserrato con 455.103 e 18.219.

© Riproduzione riservata