“Reduce, Reuse, Recycle”

Riciclare, oggi, è il mantra dell’industria dell’abbigliamento. Poco conta se la svolta sia più questione di marketing che di etica. Così il riciclo è diventato centrale nella comunicazione dei brand globali della moda, per anni sotto attacco per lo sfruttamento di manodopera a basso costo nei Paesi meno sviluppati o per le grandi discariche di tessili in Africa, e non solo. Del resto solo in Italia vengono prodotti circa 180mila tonnellate di rifiuti tessili post consumo (senza considerare gli scarti di lavorazione) e l’impatto sull’ecosistema ha già varcato la linea rossa dell’insostenibilità.

Così da Zara a H&M sino a Ovs nel corso degli anni la politica del riciclo è diventata centrale: si riportano i vecchi abiti in negozio e, spesso, si ricevono in cambio buoni sconto. Le aziende riciclano, reinserendo i tessili nel sistema produttivo o rivendendo i capi, o distribuendoli a enti caritatevoli. Così si raggiunge un duplice scopo: ci si pulisce l’immagine e si alimenta l’economia circolare, che è ciò che conta.

Ma c’è un’azienda che 15 anni fa ha saputo interpretare l’esigenza dei consumatori di aderire ai reali principi dell’economia circolare: si chiama Vinted ed è una app per la compravendita di prodotti di seconda mano nata in Lituania che oggi ha oltre 100 milioni di utenti attivi nel mondo e oltre 1800 dipendenti. Oggi è il più grande market dell’usato on line in Europa.

Nata nel 2008 da un’intuizione di Milda Mitkute e Justas Janauskas, Vinted risponde a un’esigenza banale: reimmettere sul mercato capi di abbigliamento in buono, spesso ottimo stato svuotando armadi, cassetti o scarpiere pieni di capi superflui e, nel contempo, guadagnare qualcosa.

Nella vendita non c’è mediazione, i rapporti sono tra chi vende e chi acquista. Ci si iscrive alla piattaforma, si mette un oggetto in vetrina con la foto, la descrizione e il prezzo. Quando qualcuno lo acquista e lo paga, il sistema genera un codice a barre valido per la spedizione e una data presunta di consegna, il venditore si reca in uno dei numerosi punti convenzionati con l’azienda. Non ci sono commissioni. I prezzi sono bassi. Si possono acquistare scarpe o vestiti in ottime condizioni con tre euro, uno smoking da usare magari una volta sola con 20 e così via.

Come per altre applicazioni, contano poi le recensioni, che formano la reputazione di un venditore. Se si rifila un “pacco” sarà difficile rivendere qualcosa. Se l'articolo non arriva, è stato danneggiato durante il trasporto o è molto diverso dalla descrizione, si ha diritto a un rimborso.

Ma allora come guadagna Vinted? Grazie alla protezione acquisti e alla possibilità di mettere in evidenza gli annunci di modo da renderli più visibili e aumentando la possibilità di concludere la vendita.

Nel 2022 i ricavi di Vinted sono aumentati del 51% ed hanno raggiunto 370,2 milioni di euro e a consuntivo del 2023 si attendono risultati ancora migliori. Grazie a tutto questo oggi Vinted vale circa 4 miliardi di euro e per crescere, secondo il Financial Times, starebbe valutando l’ingresso in Borsa e avrebbe affidato a Morgan Stanley la valutazione delle opzioni per strutturare il suo capitale in vista di una potenziale offerta pubblica iniziale.

Peraltro le potenzialità sono enormi. Secondo un rapporto di ThredUp, la crescita del mercato dell’abbigliamento usato potrebbe superare quella del fast fashion raddoppiando entro il 2027 l’attuale fatturato globale di 177 miliardi di dollari. Significa che crescerà tre volte più velocemente del mercato complessivo.

“Il tempo dissolve il superfluo e conserva l’essenziale”.

Benvenuti nell’era del second hand.

© Riproduzione riservata