Direttori insufficienti, perché nessuno sembra voler venire in Sardegna. Evasioni: l’ultima, la più clamorosa e rocambolesca quella dello scorso 25 febbraio, sembra tratta da un film con il detenuto che si cala oltre le mura con le lenzuola annodate. Droga quotidianamente introdotta da familiari dei carcerati nonostante i controlli degli agenti che spesso riescono a scoprire i nascondigli più assurdi usati dai parenti in visita ai detenuti per poter consegnar loro le dosi. Aggressioni, minacce, insulti e piccole ma sempre pericolose rivolte. Piantonamenti all’esterno, con turni estenuanti e livelli di sicurezza al limite. Una carenza d’organico impressionante e una mole di lavoro – con ferie e permessi bloccati – tali da portare purtroppo alcuni agenti a togliersi la vita.

L’elenco è parziale: sono alcuni dei mali che affliggono le carceri della Sardegna. E le denunce dei sindacati della Polizia Penitenziaria si susseguono senza trovare una risposta. Le manifestazioni nell’Isola, davanti agli istituti penitenziari sardi, si fanno numerose. E non si contano i comunicati stampa inviati ogni giorno dalle sigle sindacali. E chissà cosa potrebbero raccontare i detenuti se solo lo potessero fare senza problemi, sulle condizioni di vita all’interno delle carceri della Sardegna.

L'evasione 

Direttori insufficienti, perché nessuno sembra voler venire in Sardegna. Evasioni: l’ultima, la più clamorosa e rocambolesca quella dello scorso 25 febbraio, sembra tratta da un film con il detenuto che si cala oltre le mura con le lenzuola annodate. Droga quotidianamente introdotta da familiari dei carcerati nonostante i controlli degli agenti che spesso riescono a scoprire i nascondigli più assurdi usati dai parenti in visita ai detenuti per poter consegnar loro le dosi. Aggressioni, minacce, insulti e piccole ma sempre pericolose rivolte. Piantonamenti all’esterno, con turni estenuanti e livelli di sicurezza al limite. Una carenza d’organico impressionante e una mole di lavoro – con ferie e permessi bloccati – tali da portare purtroppo alcuni agenti a togliersi la vita.

L’elenco è parziale: sono alcuni dei mali che affliggono le carceri della Sardegna. E le denunce dei sindacati della Polizia Penitenziaria si susseguono senza trovare una risposta. Le manifestazioni nell’Isola, davanti agli istituti penitenziari sardi, si fanno numerose. E non si contano i comunicati stampa inviati ogni giorno dalle sigle sindacali. E chissà cosa potrebbero raccontare i detenuti se solo lo potessero fare senza problemi, sulle condizioni di vita all’interno delle carceri della Sardegna.

La protesta

L’ultimo blitz di protesta è quello d’inizio settembre davanti alla prefettura di Sassari. Sappe, UilPa e Uspp si sono ritrovati per denunciare la situazione del carcere di Bancali. “Emblema”, è quanto evidenziato dai sindacalisti, “della gestione di tutto il sistema carcerario in Sardegna”. Perché l’istituto è senza una guida. Anzi senza guide: direttore e comandante della Polizia Penitenziaria non sono “fissi” ma nominati a tempo determinato. Restano per poco tempo e poi, appena possibile, vanno via. “E la situazione”, sottolineano i segretari regionali Luca Fais (Sappe), Michele Cireddu (Uil Pa) e Alessandro Cara (Uspp), “diventa così ingestibile”. A questo si aggiunge la carenza organica di almeno 100 agenti. E se si considera che nel carcere sono presenti anche detenuti al 41 bis, si capiscono i rischi che si corrono quotidianamente.

La richiesta di un incontro alla prefetta di Sassari si accoda a quella fatta al prefetto di Cagliari sull’ennesima problematica nel carcere di Uta. Questa volta non si tratta di aggressioni, minacce, tentativi di suicidio o le azioni violente di detenuti con problemi psichiatrici. La Uil Pa Polizia Penitenziaria in una delle ultime note evidenzia come “5 detenuti ricoverati in luogo esterno di cura impegnino un numero esorbitante di agenti per garantirne il controllo” dimenticando però che “il personale non è sufficiente per garantire anche i controlli all’interno”. I poliziotti della Penitenziaria devono così restare costantemente in servizio: “Non riescono”, ribadisce il segretario generale Michele Cireddu, “nemmeno a consumare il pasto ed è impensabile mantenere la lucidità per troppe ore, che alla fine di turni interminabili diventano anche dodici”. Anche in questo caso le proteste e le denunce cadono nel vuoto: “Nessun intervento del provveditore, tanto meno da parte del dipartimento. La situazione all’interno dell’istituto è peggiorata in maniera irreversibile”. A rischio la sicurezza pubblica: “I servizi all’esterno non possono essere gestiti con la dovuta sicurezza, anche a causa dell’esiguità dell’organico a disposizione. E intanto all’interno del carcere si verificano tutti i giorni diversi eventi critici e il personale della Polizia Penitenziaria, già in sofferenza, si trova ancora più in difficoltà”.

Eventi critici 

Un dato su tutti: nel penitenziario di Uta, secondo la Uil Pa, “si registrano il triplo del totale di eventi critici rispetto agli altri nove istituti della regione”. L’appello è rivolto al prefetto: “Chiediamo che prenda in mano la situazione con opportune iniziative, perché in questo momento l’istituto di UTA ed i servizi che gravitano all’esterno, a nostro avviso, rappresentano un chiaro rischio per la sicurezza pubblica”.

L’ultimo blitz di protesta è quello d’inizio settembre davanti alla prefettura di Sassari. Sappe, UilPa e Uspp si sono ritrovati per denunciare la situazione del carcere di Bancali. «Emblema», è quanto evidenziato dai sindacalisti, «della gestione di tutto il sistema carcerario in Sardegna». Perché l’istituto è senza una guida. Anzi senza guide: direttore e comandante della Polizia Penitenziaria non sono “fissi” ma nominati a tempo determinato. Restano per poco tempo e poi, appena possibile, vanno via. «E la situazione», sottolineano i segretari regionali Luca Fais (Sappe), Michele Cireddu (Uil Pa) e Alessandro Cara (Uspp), «diventa così ingestibile». A questo si aggiunge la carenza organica di almeno 100 agenti. E se si considera che nel carcere sono presenti anche detenuti al 41 bis, si capiscono i rischi che si corrono quotidianamente.

La richiesta di un incontro alla prefetta di Sassari si accoda a quella fatta al prefetto di Cagliari sull’ennesima problematica nel carcere di Uta. Questa volta non si tratta di aggressioni, minacce, tentativi di suicidio o le azioni violente di detenuti con problemi psichiatrici. La Uil Pa Polizia Penitenziaria in una delle ultime note evidenzia come «5 detenuti ricoverati in luogo esterno di cura impegnino un numero esorbitante di agenti per garantirne il controllo» dimenticando però che «il personale non è sufficiente per garantire anche i controlli all’interno». I poliziotti della Penitenziaria devono così restare costantemente in servizio: «Non riescono», ribadisce il segretario generale Michele Cireddu, «nemmeno a consumare il pasto ed è impensabile mantenere la lucidità per troppe ore, che alla fine di turni interminabili diventano anche dodici». Anche in questo caso le proteste e le denunce cadono nel vuoto: «Nessun intervento del provveditore, tanto meno da parte del dipartimento. La situazione all’interno dell’istituto è peggiorata in maniera irreversibile». A rischio la sicurezza pubblica: «I servizi all’esterno non possono essere gestiti con la dovuta sicurezza, anche a causa dell’esiguità dell’organico a disposizione. E intanto all’interno del carcere si verificano tutti i giorni diversi eventi critici e il personale della Polizia Penitenziaria, già in sofferenza, si trova ancora più in difficoltà».

Un dato su tutti: nel penitenziario di Uta, secondo la Uil Pa, «si registrano il triplo del totale di eventi critici rispetto agli altri nove istituti della regione». L’appello è rivolto al prefetto: «Chiediamo che prenda in mano la situazione con opportune iniziative, perché in questo momento l’istituto di UTA ed i servizi che gravitano all’esterno, a nostro avviso, rappresentano un chiaro rischio per la sicurezza pubblica».

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