Addio a Nicola Pietrangeli, leggenda del tennis italiano. Binaghi: «Un monumento, perdo un amico»
Aveva 92 anni, è stato il primo azzurro a vincere uno Slam (due Roland Garros nel 1959 e 1960). Il presidente della Fitp gli aveva dedicato l’ultima Davis vinta dagli azzurri(Ansa)
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È morto a 92 anni Nicola Pietrangeli, leggenda del tennis italiano, primo a vincere uno Slam. Ha vinto due volte il Roland Garros nel 1959 e nel 1960 (nel ‘59 si impose anche in doppio con Sirola), lo scorso 26 gennaio Sinner lo aveva superato vincendo il suo terzo Slam.
Pietrangeli è stato capitano della prima Coppa Davis vinta dall’Italia, nel 1976.
E proprio a lui, che era ricoverato in ospedale, il presidente della Fitp Angelo Binaghi aveva dedicato la Davis vinta a Bologna dagli azzurri di recente, terza consecutiva e quarta in assoluto per i nostri colori: «Nicola è la resurrezione del tennis in Italia, abbiamo costruito questa federazione seguendo lui, i suoi valori e i suoi principi. Siamo tutti con lui perché si rimetta in grande forma», aveva detto Binaghi dopo il trionfo firmato Cobolli e Berrettini.
IL RICORDO DI BINAGHI
«Il tennis italiano perde il suo simbolo più grande, e io perdo un amico», dice oggi il presidente della Fitp. «Nicola non è stato soltanto un campione: è stato il primo a insegnarci cosa volesse dire vincere davvero, dentro e fuori dal campo. È stato il punto di partenza di tutto quello che il nostro tennis è diventato. Con lui abbiamo capito che anche noi potevamo competere con il mondo, che sognare in grande non era più un azzardo».
Ancora: «Quando si parla di Nicola, si pensa subito ai record, alle Coppe Davis, ai titoli e ai trionfi che resteranno per sempre nella nostra storia. Ma la verità è che Nicola era molto di più. Era un modo di essere. Con la sua ironia tagliente, il suo spirito libero, la sua voglia inesauribile di vivere e di scherzare, riusciva a rendere il tennis qualcosa di umano, di vero, di profondamente italiano».
«Parlare con lui era sempre un piacere e una sorpresa: potevi uscire da una conversazione ridendo a crepapelle o con una riflessione che ti restava dentro per giorni», prosegue Binaghi nella sua lettera di saluti. Poi l'aneddoto: «Nel mio ufficio c'è una foto a cui tengo moltissimo: io bambino, raccattapalle in una sfida di Coppa Davis a Cagliari, e davanti a me proprio lui, Nicola Pietrangeli. Ogni volta che la guardo, mi sembra di tornare a quel giorno. E mi rendo conto che, in fondo, tutto per me è cominciato lì. Quella foto non è solo un ricordo: è un simbolo. Il simbolo di come un bambino possa innamorarsi di uno sport grazie a chi lo incarna in modo così pieno e naturale».
«Gli devo molto, come uomo e come presidente. Non solo per quello che ha fatto per la Federazione e per tutti noi, ma per come lo ha fatto: con stile, con coraggio, con quella sua irriverenza che era il segno dei veri fuoriclasse. A modo suo, Nicola non è mai cambiato: diretto, sincero, incapace di essere banale. Anche quando provocava, lo faceva con un'intelligenza che nasceva dall'amore profondo per il nostro sport».
La conclusione: «Oggi ci piace pensare che abbia raggiunto in cielo Lea, e che insieme stiano già giocando uno straordinario doppio misto, divertendosi come solo loro sapevano fare. Due icone del tennis italiano, inseparabili anche lassù. Ma per noi che restiamo, è un colpo durissimo. Ci mancherà la sua voce, ci mancherà il suo sorriso, quella sua capacità di dire sempre quello che pensava, senza paura e senza filtri. Oggi salutiamo un monumento del nostro sport, ma anche un amico vero. Grazie, Nicola. Per tutto quello che ci hai dato, e per tutto quello che continuerai a rappresentare per il tennis italiano».
LA CARRIERA
Nato a Tunisi da padre italiano e madre di origini russe, è arrivato a Roma dopo che la sua famiglia fu espulsa dalla Tunisia. A Parigi conta anche due finali perse nel ‘61 e nel ‘64.
In carriera Pietrangeli ha vinto 48 tornei, due Internazionali d’Italia compresi, ed è stato per tre anni numero 3 del ranking mondiale, che all’epoca era compilato dai giornalisti prima dell’avvento della classifica Atp.
In Coppa Davis ha disputato 164 match vincendone 120 («Questo primato Sinner non lo supererà mai», aveva detto). E da capitano non giocatore ha guidato l’Italia di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli nello storico trionfo del 1976, con la finale vinta nel Cile di Pinochet.
(Unioneonline)
