Eppure relativamente più fortunato, il tecnico toscano. Il quale, nell'estate 2002/03, ebbe almeno modo di guidare in Coppa Italia i rossoblù, sconfitti 2-1 dall'Empoli. Per essere cacciato tre giorni più tardi, e a favore di Giampiero Ventura, alla vigilia dell'esordio nel campionato di serie B. Così a Sonetti, classe di ferro 1941, scappa il risolino. «Non c'è nulla di nuovo sotto il sole di Sardegna quando di mezzo c'è il presidente», spiega il tre volte allenatore del Cagliari dell'era Cellino. Anche lui, come Donadoni, riconfermato al termine della precedente stagione e impossibilitato ad assaggiare quella successiva. «È fatto così, è volubile: con la stessa rapidità con cui si innamora di un tecnico, allo stesso modo se ne libera. L'allenatore prova una sensazione di sconforto, si sente usato, come un mezzo e non un essere umano. Offeso sul piano personale e professionale».

Parole dure, quelle di Sonetti. Per il quale poco importa, a questo punto, che Donadoni possa allenare un altro club perché sollevato dall'incarico prima dell'inizio del campionato. «In tali situazioni non ci sono soldi, contratti o altre squadre che tengano». E neppure ragioni. «Non conosco le motivazioni alla base dell'esonero di Donadoni, però posso intuirle. Ho sufficiente esperienza alle spalle con Cellino per poter affermare che al presidente basta un nulla per incrinare irrimediabilmente il rapporto con l'allenatore di turno». Altro che Suazo, Branchini e i senatori. «È fatto così», ripete Sonetti. Prendere o lasciare.
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