Riccardo Viola, ai microfoni della trasmissione "Tribù del Calcio", in onda domani su Premium Calcio alle 21, rievoca lo scandalo legato a Roma-Dundee del 25 aprile 1984, semifinale di Coppa dei Campioni, con i giallorossi che rimontano lo 0-2 dell'andata, vincono 3-0 e si qualificano per la finale (poi persa ai rigori contro il Liverpool).

Per la cronaca: la Corte Federale, nel febbraio dell'86, assolse tutti i protagonisti di quello scandalo, ma solo per sopraggiunta prescrizione e specificando di "aver riscontrato un comportamento gravemente censurabile messo in opera dall'ing. Viola. Non può quindi dichiarare caduta l'incolpazione contestata ai signori Landini e Viola in merito al passaggio della somma di 100 milioni".

Per la prima volta dopo 27 anni, Riccardo Viola, a quei tempi giovane dirigente giallorosso, ricorda quel che successe nei giorni precedenti la partita. "Arriva il signor Landini, manager del Genoa, parla con Viola e gli dice: Vautrot è un amico e attraverso un altro mio amico si può arrivare a lui - continua - Ma bisogna dare all'arbitro 100 milioni. Noi rispondiamo: che sicurezza abbiamo che Vautrot prenda questi soldi?". Ci si accorda per un segnale convenzionale che avvenga alla vigilia del match.

"Noi organizziamo una cena con l'arbitro e chiediamo un segnale che effettivamente dimostri che qualcosa di vero in tutto questo c'è - racconta ancora Riccardo Viola. - Nel corso della cena arriva un cameriere che si rivolge all'arbitro e dice: 'Il signor Vautrot al telefono'. Quello era il segnale. Quando Vautrot dopo essersi assentato ritorna al tavolo, ci dice: 'Ha chiamato l'amico Paolo e mi ha detto di salutarvi'. Allora io mi alzo, chiamo papà e gli dico: 'Messaggio arrivato'. Riccardo Viola non esita ad ammettere che la consegna del denaro ci fu. "Tutto questo è stato fatto perché di fronte a una partita del genere dire di no non è facile. Tirarsi indietro poteva avere gravi ripercussioni". E alla domanda su chi fosse il misterioso Paolo amico di Vautrot e garante occulto dell'operazione, il figlio di Viola dice: "Chi fosse l'amico Paolo non l'abbiamo mai saputo. Papà domandava a tutti e in quel periodo c'erano solo due possibili Paolo, Casarin e Bergamo. Lui parlò con entrambi, ma finì che entrambi si accusarono a vicenda".
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