Sotto il casco, ti sembrava sempre di vederlo sorridere, mentre con il suo quad percorreva la strada che lo portava all’ippodromo, la sua seconda casa. Mauro Caredda, 57 anni, a Cagliari lo conoscevano in tanti e non solo per essere stato un pluridecorato campione paralimpico nell’equitazione. La sua malattia, una tetraparesi spastica che lo accopagnava dalla nascita, lo rendeva dinoccolato e simpatico. Fu ben accolto da ragazzo all’Eleonora d’Arborea, poi alla Società Ippica, dove scoprì la sua passione e il suo talento per l’equitazione, incoraggiato da Paolo Racugno.

Salì a cavallo (anche) per terapia e si trasformò in campione: sedici titoli italiani, un bronzo mondiale e uno europeo, tre partecipazioni alle paralimpiadi, ad Atlanta 1996, Atene 2004 e Pechino 2008, sempre nei primi dieci classificati.

Suo padre Paolo, scomparso per un tumore qualche anno fa, lo sostenne, divenendo lui stesso dirigente, quindi anche presidente del Comitato paralimpico, in Sardegna.

Pochi anni dopo, il fegato ha tradito anche Mauro, che aveva vissuto combattendo mille battaglie, sotto le insegne della Sa.Spo., ma che non è riuscito a uscire vittorioso da questa.

Sandrino Porru, oggi presidente della Fispes (la federazione delle discipline paralimpiche e sperimentali che fa capo al Cip), lo ha ricordato commosso. Di Mauro, d'altra parte, non si poteva parlare male.
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