Sette anni senza Davide Astori, il ragazzo diventato uomo a Cagliari
Aveva appena 31 anni e una carriera calcistica che lo ha reso simbolo di lealtà, umiltà e talentoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il destino, a volte, è crudele. Può spezzare un sogno nel pieno della sua corsa, lasciare un vuoto impossibile da colmare. Il 4 marzo 2018, in una camera d’albergo a Udine, il cuore di Davide Astori ha smesso di battere, ma il suo ricordo non si è mai spento. Aveva appena 31 anni, una carriera che lo ha reso simbolo di lealtà, umiltà e talento. Non solo un calciatore, ma un uomo straordinario.
Quando si pensa ad Astori, il pensiero vola inevitabilmente a Firenze, la città che gli ha affidato la fascia da capitano e che ancora oggi lo celebra come un eroe. Ma prima della Viola, prima della Nazionale, prima delle grandi sfide, c’è stata Cagliari. La Sardegna non è stata solo una tappa della sua carriera, ma la terra in cui è diventato grande. Sei anni in rossoblù, dal 2008 al 2014, con quella maglia numero 13 che lo ha accompagnato come un segno del destino. Sei stagioni in cui ha lottato, si è sacrificato, ha difeso i colori del Cagliari con una passione che ha conquistato tutti.
Arrivato giovane e con tanto da dimostrare, è in Sardegna che ha affinato il suo talento. Centrale difensivo elegante, fortissimo di testa, dotato di un’intelligenza calcistica fuori dal comune. Con la maglia rossoblù ha meritato la chiamata della Nazionale, un sogno che ha coronato con 14 presenze. Poi Roma, poi Firenze. E poi quel maledetto 4 marzo, quando il calcio si è fermato, colpito da un dolore troppo grande per essere spiegato a parole.
Ma Astori non se n’è mai davvero andato. Il Cagliari e la Fiorentina hanno ritirato la sua maglia numero 13, perché nessun altro potrà mai indossarla. E ogni anno, al tredicesimo minuto delle sfide rossoblù e viola, gli stadi si riempiono di applausi. Sessanta secondi per ricordare un uomo che ha lasciato un segno indelebile.
Fuori dal campo era un’anima curiosa, amante dell’architettura, della lettura, sempre pronto a imparare qualcosa di nuovo. Cercava la bellezza nelle piccole cose, proprio come faceva con il pallone tra i piedi. E forse è per questo che, a distanza di anni, il suo ricordo non sbiadisce.