Fabio Pisacane non molla mai: il Cagliari Primavera è suo
Ha appena sollevato la Coppa Italia rifilando un secco 3-0 al Milan nella storica cornice dell’Arena Civica “Gianni Brera” di MilanoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Fabio Pisacane ha appena sollevato la prima Coppa Italia della storia del Cagliari Primavera, rifilando un secco 3-0 al Milan nella storica cornice dell’Arena Civica “Gianni Brera” di Milano. Un successo limpido, tecnico e mentale. Ma sarebbe un errore pensare che tutto sia iniziato lì, ieri in un pomeriggio di festa rossoblù nella città meneghina.
Per capire chi è Fabio Pisacane, napoletano classe 1986, bisogna partire da molto più lontano. Non da una panchina, ma da un letto d’ospedale.
Napoli, fine anni Novanta. È una giovane promessa del Genoa, ha 14 anni, arriva da una scuola calcio che si chiama La Celeste e sogna i gol di Batistuta. Una mattina si sveglia e non si muove più. Diagnosi: sindrome di Guillain-Barré. Paralisi, coma, riabilitazione. Una lotta a cui forse tanti rinuncerebbero prima ancora di iniziare. Lui no. Ne esce, ci mette mesi, ma torna in campo. È il primo atto di una carriera che sarà sempre in salita, sempre controvento, sempre incollata a un codice morale raro nel calcio professionistico.
L’episodio più noto è datato 14 aprile 2011. Serie C1, lui gioca nel Lumezzane. Gli offrono 50.000 euro per truccare una partita. Pisacane rifiuta e denuncia. Il dirigente del Ravenna finisce arrestato. La vicenda lo proietta sui giornali di tutto il mondo. Ma non si monta la testa: “Non mi sento un eroe”, ripeterà più volte. Intanto però la FIFA lo nomina ambasciatore del fair play, Prandelli lo invita al raduno della Nazionale pre-Europei, e a Terni gli consegnano il Thyrus d’oro.
Poi arriva Cagliari. È il 2015, ha quasi trent’anni e arriva da due ottime stagioni ad Avellino. Ritrova Massimo Rastelli e una squadra che lo accoglie come uno dei suoi. È con la maglia rossoblù che, nel 2016, debutta finalmente in Serie A. Ha trent’anni. L’anno dopo segna al Milan il gol che chiude la storia dello stadio Sant’Elia. È uno di quei calciatori che non fanno rumore, ma restano. In campo e fuori.
Alla fine della sua carriera non lascia la Sardegna. Non solo per amore verso l’Isola, ma per una scelta di vita. A Cagliari, insieme alla moglie Rosy Pesce, mette radici e decide di far crescere i suoi quattro figli. Fabio Pisacane studia, si forma, ottiene i patentini Uefa. Lavora dietro le quinte. Osserva, impara. Quando Liverani approda sulla panchina del Cagliari nel 2022, entra nello staff. Poi passa al settore giovanile, si concentra sulla tecnica individuale applicata alla fase difensiva. Nessuna scorciatoia, nessuna corsia preferenziale.
Nel luglio 2023 prende in mano la guida della Primavera. Sei mesi dopo ottiene la licenza Uefa A. E adesso, aprile 2025, il primo grande risultato: la Coppa Italia Primavera. Una vittoria costruita con metodo, empatia, attenzione al dettaglio. «Ho sempre cercato di apprendere da tutti», ha detto dopo il trionfo. “Curiosità” è la parola chiave, non “miracolo”. Nessuna retorica, solo lavoro.
Antonio Martone nel frattempo ha anche scritto un libro “La Favol…A di Fabio Pisacane” in cui racconta la storia del calciatore napoletano, non per celebrarlo, ma per condividere una traiettoria fuori dagli schemi. Perché il calcio, ogni tanto, può ancora essere un posto dove il merito e l’etica portano lontano. E dove una finale Primavera può valere quanto una Champions. E Fabio Pisacane ha dimostrato che si può vincere in tanti modi. Quello più difficile – e più credibile – è rimanere se stessi. Anche quando nessuno guarda.