Nella notte più scura illuminavano il cielo di Venezia, assiepati nella curva Nord del Pier Luigi Penzo, sull’isola di Sant’Elena. Davanti ai loro occhi, in quel prato verde in mezzo alla laguna, brancolavano i naufraghi rossoblù. Nella notte più nera della storia recente del Cagliari non sono bastate settecento stelle polari a indicare la via della salvezza. Non sono bastati il cuore, la voce, il coraggio di arrivare sin lassù, nella trasferta più difficile della domenica più improbabile. E pensare che la Serie A proprio non ne voleva sapere di liberarsi della Sardegna. Persino la Salernitana-miracolo si era dovuta inchinare a un destino che aspettava solo e soltanto loro, Joao Pedro e compagni. I settecento irriducibili lo avevano capito, incitando i naufraghi sino a quando hanno avuto fiato in gola, sino a quando persino il direttore di gara (quel Maresca che ha lasciato negli spogliatoi la sua fastidiosa teatralità) ha dovuto dire basta, quasi allargando le braccia davanti a un manipolo di calciatori con gli occhi già lucidi.

Arrivederci Cagliari, arrivederci Sardegna. In laguna affonda una scialuppa che da due anni navigava nella tempesta. Tommaso Giulini lo ha ammesso a fine gara. Chiunque sia il timoniere, chiunque resti sulla scialuppa, è dalla tristezza di Venezia che si riparte. Chi ne sa, anticipa che nel prossimo campionato di B, su 20 squadre, 13 ambiranno alla massima serie. Ci saranno anche i rossoblù. E ci saranno soprattutto quelle settecento stelle polari che a Venezia hanno indicato la via. «Il Cagliari siamo noi», urlavano con orgoglio. Loro hanno vinto.

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