Elia Caprile veste la maglia del Cagliari da gennaio, quando i rossoblù lo hanno prelevato dal Napoli in prestito con diritto di riscatto. Un innesto azzeccato, visto che il portiere ha risolto una criticità (quella del ruolo, dove né Simone Scuffet né Alen Sherri avevano convinto nella prima parte di stagione) ed è stato fondamentale con le sue parate per portare la squadra di Davide Nicola vicina alla salvezza. Ma l’ultimo passo è ancora da fare, magari già lunedì a Verona contro la squadra della città dove è nato: «Dire cosa possiamo fare non spetta a me. Sicuramente dobbiamo cercare di stare compatti e difendere da squadra, poi non subire gol non dipende solo dai difensori e dal portiere», le parole al canale ufficiale della Lega Serie A.

Caprile è cresciuto nel Chievo, prima di passare al Leeds United. «Ma mio padre è di Napoli, ci abbiamo vissuto quando ero piccolo», ricorda. «Arrivare al Napoli e giocarci è stato il coronamento di un sogno. Non ho mai nascosto che speravo di fare una partita al Maradona coi miei genitori in tribuna: sono emozioni che, indipendentemente dal futuro, resteranno dentro di me per sempre». Il suo presente ora è il Cagliari, che ha un diritto di riscatto fissato a otto milioni di euro.

I colori rossoblù hanno accompagnato Caprile nella sua fin qui giovane carriera. Prima la finale playoff e il gol di Pavoletti al 94’ che l’11 giugno 2023 promosse la squadra di Ranieri a spese del suo Bari, poi il 30 dicembre dello stesso anno il rigore parato a Viola in uno 0-0 contro l’Empoli. «Non posso dire se era destino vestire la maglia del Cagliari», afferma. «Sicuramente è la mia più grande delusione e tristezza a livello calcistico, però fa anche parte di uno dei momenti migliori della mia carriera perché parare il primo rigore in Serie A me lo porterò per sempre. Magari c'era qualcosa di scritto da qualche parte».

A gennaio, Caprile ha ritrovato Nicola come allenatore. I due erano stati assieme nella parte finale della scorsa stagione a Empoli, dove avevano conquistato la salvezza all’ultimo minuto dell’ultima giornata, grazie alla vittoria nel recupero contro la Roma che aveva permesso di scavalcare il Frosinone. «Conoscere il mister mi ha dato una mano a entrare prima nei meccanismi della squadra», dice Caprile. «Sicuramente nei campionati per salvarsi sa il fatto suo, a noi ci lega l'impresa di Empoli dell'anno scorso. Averlo nella corsa salvezza è un plus».

Il ruolo di portiere Caprile l’ha scelto in maniera particolare: «Il mio avvicinamento al calcio è dovuto al Mondiale del 2006 e a tutta quell'estate che io, come tutti gli italiani, ho vissuto incollato davanti alla tv. Mi innamorai della maglietta oro di Buffon, di lui come portiere e del fatto che giocasse con una divisa diversa rispetto agli altri. Poi mi sono innamorato anche del fatto che ci si butta nel fango e ci si sporca: sono cose che un calciatore normale non fa». E ora il Cagliari punta a goderselo a lungo.

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