Sassaro, il coach folgorato dall’ex Brill
“Con la pallacanestro è stato amore a prima vista e ancora vivo di stimoli”Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
“È nato tutto casualmente come capita solo negli amori molto particolari, in cui non c’è niente di programmato”, sottolinea coach Marco Sassaro mentre svela come il basket sia entrato nella sua vita grazie a quella circostanza fortuita che, in una serata danzante, aveva fatto conoscere a “due genitori che per quell’epoca avevano un figlio alto”, i suoi, proprio Piero Rigucci, che chiese loro di portarlo da Sarroch a Cagliari, dove con Franco Carpineti gli fece scoprire il magico universo della palla a spicchi.
“Fu un amore a prima vista, enorme e folgorante, a volte anche lacerante. Dalla vita di paese passai al palazzetto stracolmo dell’ex Brill, ero pazzo del playmaker De Rossi, tanto che come primo numero di maglia scelsi il suo 1”, ricorda coach Sassaro.
Da giocatore a coach. “Da giocatore mediocre feci il vero salto negli ultimi anni, tra Quartu e Genneruxi, chiusi con l’Interregionale a inizio anni ‘90, ma proprio durante il periodo a Genneruxi iniziai i corsi base per istruttori, che mi resero un atleta migliore. Intanto seguivo una squadra B, che mi fece definitivamente innamorare del ruolo di allenatore”. Da lì alcuni anni nelle giovanili tra Genneruxi e Johannes femminile e la promozione in B con la Ferrini Quartu. “Avevo giocatrici molto forti a cui avevo unito 4-5 delle giovanili, un mix che ho riproposto in tutta la mia carriera”, racconta. Poi i tre anni (1993-96) a Selargius, “squadra appena retrocessa dalla B, ma società emergente con giocatrici del vivaio che sono diventate bandiere, come Selene Perseu e Stefania Cinus. Negli anni mi sarebbe piaciuto tornare”.
Poi ancora Ferrini, ma al maschile, L’Aquila e la promozione in A2 con la Virtus, l’Esperia e la finale regionale persa col Basket 90 di Chessa, Pilo e Secchi. Dopo fu il momento della Russo e della B, “bellissima nonostante il budget ridotto”, e da lì il trasferimento a Sestu, dove col trio Graviano-Villani-Chessa e una serie di ventenni provenienti dalla D, arrivarono salvezza e playoff per la B2. Dopo un anno d’assenza, Sassaro tornò al timone e conquistò promozione e una seconda stagione in B, proprio nel periodo in cui Ermanno Iaci gli chiese di allenare anche un under 13 della Scuola Basket. “Pensai fosse un modo di restituire qualcosa di bello al basket e invece la pallacanestro mi ha regalato soddisfazioni. La produzione di giocatori è il maggior problema di questi anni e ogni allenatore deve sentirsi privilegiato di poterlo fare. Se condividi l’idea di una società, tutto è possibile, per questo valuterei anche progetti sulle giovanili”.
Tornando alla storia, quella recente, il “miracolo” Sestu si sarebbe forse potuto ripetere nel 2020, “quando a una settimana dai playoff l’Accademia era seconda in C, alle spalle della corazzata Ferrini, con una squadra giovanissima. Poi la finale persa con l’Esperia nel 2021 e l’addio ai Pirates/Astro, quando la società decise di rinunciare alla C e concentrarsi solo sulla D, che non avrei mai usurpato all’allenatore che già la seguiva e che stimo molto”.
Il resto è passato recentissimo, quello in cui è salito in corsa sul treno di una Ferrini in crisi. “Avevamo avuto i primi contatti per la prossima stagione, poi l’urgenza di cambiare e, nonostante il tentativo non riuscito, sono contentissimo di aver provato, ho avuto disponibilità massima da parte di tutti, ma non di me stesso anche se mi sono speso al 100 percento. Abbiamo fatto un playoff senza Samoggia e, al suo ritorno, perso per squalifica Putignano”.
Il prossimo anno. “La formula della C Silver fa sì che non ci sia niente in palio e le motivazioni dovranno essere molto forti. Partirà la riforma dei campionati e intanto le società potrebbero puntare sui giovani”. E la Ferrini? “Stiamo parlando della programmazione che si intende fare. Decideremo assieme. Intanto ho la sensazione che si stia avvicinando il momento della pensione, non mi piace vedere istruttori che fanno giocare con le mani addosso con la scusa di essere intensi, già non mi piace in C figuriamoci nelle giovanili” spiega. “Si sentono tanti slogan ma c’è un appiattimento verso il basso che non lo condivido. Mani addosso, proteste, falli sistematici e panchine lunghissime per avere più falli per 12 persone da spendere. Non so quanta voglia ho di stare in un ambiente in cui quindicenni e giocatori da serie D scimmiottano l’Eurolega. Ci si può discostare da questo ed essere produttivi in qualche altra maniera”.
Potendo scegliere. “Avendo tutte le possibilità del mondo, rivivrei un’epopea simile a quella di Sestu, un’ascesa incredibile in poco tempo e, apparentemente, con una facilità mostruosa, oppure farei l’assistente a un livello importante per soddisfare ancora curiosità e voglia di apprendimento, ma sarebbe bello giocare stabilmente in un campionato nazionale, stratificando le conoscenze anno dopo anno come è capitato a coach Xaxa e Cus Cagliari. Io ho sempre cercato gli stimoli giusti, senior o giovanili poco importa. È un lavoro bellissimo ma bisogna farlo al meglio, con più passione e competenza possibile”.