Graviano, il play cagliaritano della capolista Ferrini si racconta
Il playmaker della Ferrini Delogu Legnami, capolista della C Silver imbattuta dopo 13 turni, sta giocando l’ennesima stagione da protagonista: “All’inizio non c’erano grandissime ambizioni e invece sono arrivati risultati importanti”
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Sul parquet da quando aveva tre anni e, alla soglia dei trentatré, ha ancora tanto da regalare al basket. Questo è Mauro Graviano, playmaker della Ferrini Delogu Legnami, capolista della C Silver imbattuta dopo 13 turni, che sta giocando l’ennesima stagione da protagonista. Abbonato alla doppia cifra sul tabellino - dove non disdegna toccare quota 20 punti - non è un giocatore ossessionato dai numeri e precisa che non rispecchiano l’effettivo lavoro svolto in campo, “sono contento anche quando ne segno 8, perché so di avere contributo in un altro modo”.
La stagione. Arrivato alla Ferrini nel 2018, aveva centrato subito il titolo regionale ma perso gli spareggi. Un’impresa tentata di nuovo nella stagione 2019/20, quando dopo 19 successi consecutivi a fermare la Delogu Legnami era stata la pandemia. Poi, dopo l’anno sabbatico voluto dalla società quartese nel 2021, i biancoverdi sono ripartiti da dove sei erano fermati, ed ecco altro 13 successi di fila.
“Mi piace pensare che non ci sia stata un’interruzione, che siano state 32 vittorie di fila. A inizio stagione le aspettative erano diverse, si pensava di puntare su 4-5 senior che aiutassero 4-5 giovani a crescere. Non c’erano grandissime ambizioni e invece sono arrivati risultati importanti”, ha commentato Graviano. “Siamo in forma, Salone sta facendo un campionato incredibile, Putignano sta andando molto bene, Samoggia ha avuto qualche problema ma sappiamo che adesso il suo contributo arriverà. È un anno particolare, tante squadre hanno inserito molti giovani ma sono rimaste competitive, su tutte Esperia, Sant’Orsola, Torres e Antonianum. Per ora siamo primi e l’appetito vien mangiando, ma ancora non abbiamo fatto niente, mancano fase a orologio e playoff”.
Se la Ferrini lo scorso anno si era fermata, Graviano non aveva fatto lo stesso. “Per me sarebbe stata dura interrompere per un anno e poi riprendere. Il San Salvatore Selargius, nel 2021, mi ha dato modo prima di allenarmi e poi di giocare in C, e così è stato. Maurizio Pedrazzini ha fatto lo stesso e spero che la nostra presenza abbia lasciato un bel messaggio ai giovani gialloneri, soprattutto su” piano della mentalità. Ora stanno facendo molto bene in D e ne sono felice”.
Una vita in campo. “Ho iniziato a 3 anni, la Scuola Basket di via Talete era a due passi dalla mia scuola materna. Il mio primo maestro è stato il grande Ermanno Iaci, che non ha bisogno di presentazioni. Tutti i suoi allievi brillavano nei fondamentali, e fuori dal campo era come uno zio, un secondo padre. Ricordo tanti pomeriggi estivi passati lì a giocare e poi a fare cruciverba con lui. È stata una seconda casa, stavo lì dal primo pomeriggio alla sera, guardavo tutti gli allenamenti, prima squadra compresa, e quando serviva un giocatore, io mi infilavo in gruppo, fossero ragazze o ragazzi più grandi, io c’ero. Poi intorno ai 13-14 anni mi hanno inserito nel giro della prima squadra”, racconta Mauro, che non ha grandi nomi dell’Nba tra i suoi modelli, ma i giocatori della prima squadra della Scuola Basket.
“Ho iniziato col minibasket, poi crescendo venivo allenato dai miei “mezzi idoli” della prima squadra, che giocavano in C, Carlo Zidda, Antonello Loi, Stefano Iaci, Luca Lai. Il sabato sera li ammiravo mentre giocavano, in settimana loro allenavano noi ragazzini”.
Dopo il percorso nelle giovanili della Scuola Basket, costellato di combattute finali con l’Esperia, l’approdo, a 18 anni, in Serie B con la Russo. “Lì ho conosciuto Pedro. La stagione finì con la retrocessione, poi fummo ripescati e io, nel 2008, divenni secondo playmaker in B1 e, a fine stagione, riuscì a vincere anche i playoff della C con la Scuola Basket”, ha ricordato il play cagliaritano. “Nel 2009 rimasi alla Russo, in B, ma da primo play, poi nella stagione 2010/11 arrivò il momento di fare esperienza nella Penisola. Andai a Recanati, in B1, ma quando cambiarono l’allenatore io non rientravo più nei piani e quindi mi accasai a Firenze, in B2. Studiavo all’università ed era complicato star fuori, così nella stagione 2011/12 decisi di rientrare alla Russo in C1 e, nel corso dell’estate successiva, la Russo si fuse col Sestu dando vita all’Accademia, dove son rimasto fino al 2018. Nel 2015 arrivammo secondi in C, nel 2016, con coach Marco Sassaro, centrammo l’impresa di salire dalla C alla B nazionale, dove abbiamo giocato le stagioni 2016/17 e 2017/2018. Un salto importante, non eravamo pronti, nel primo anno si fecero errori nella costruzione della squadra, poi sistemati a gennaio con l’arrivo di Samoggia e Scodavolpe, ma retrocedemmo comunque ai playout. Poi ci fu un ripescaggio, con Samoggia e Vanuzzo da inizio stagione stavamo andando discretamente, ma quando coach Beppe Carboni venne sostituito le cose iniziarono a non andare bene e alla fine Battipaglia, ai playout, ci condannò alla retrocessione”.
Anni d’oro ed eterna giovinezza. “L’anno più bello della carriera? Direi il 2016, l’anno promozione in B col Sestu, ma anche il primo alla Russo, quando per la prima volta arrivai nel mondo dei semi pro”. Anche il presente non è male. “Alla Ferrini mi sento più che a casa. C’è un ottimo rapporto con la dirigenza e un bellissimo gruppo. Negli anni, anche da Elia e Pedro ho imparato tanto, compresa la determinazione. Mantengo ancora le buone abitudini di quando ero in B: allenamenti, palestra e controllo dell’alimentazione sono fondamentali per restare a buoni livelli”. E intanto cresce l’interesse per la carriera da allenatore. “Alla Ferrini sono vice di coach Raffaele D’Isa nell’U17, in cui giocano tre ragazzi che si allenano anche con la prima squadra. Mi sta piacendo moltissimo, sto imparando tanto da Lele e gliene sono grato. In futuro mi piacerebbe allenare, adesso testa all’Esperia, quella di domani sarà una sfida dura e dobbiamo cercare di vincere”.