Dopo anni di assenza dai campi, Manrico Piludu, classe 1981, torna a indossare i guanti. Per lungo tempo ha vissuto fuori dalla Sardegna per motivi di lavoro. «Sono rientrato a settembre – racconta – dopo aver superato il concorso dell’Esercito presso il Battaglione Gennargentu alla Monfenera. Mi ero promesso di fermarmi per un anno sia come allenatore sia come giocatore. Avevo persino smesso di pensarci».

Poi è arrivata la chiamata del tecnico dell’Uragano, Alberto Chessa, e del padre Costanzo, presidente dell’Uragano dalla sua fondazione (1959). Un invito difficile da ignorare anche per un motivo affettivo: «L’Uragano è una questione di famiglia. Hanno indossato la maglia rossonera sia mio padre sia mio zio. Così mi hanno convinto a tornare in campo per dare una mano. Ho accettato perché il progetto si basa sui giovani, come piace a me, affiancati da una o due figure più esperte».

Piludu non nasconde l’ambizione: «Sarà un biennio impegnativo, dopo un inizio durissimo. Ma sono sicuro che con i ragazzi torneremo in Prima categoria e ci resteremo. Quest’anno poseremo le basi, con l’obiettivo di vincere il prossimo campionato. Devo ringraziare la famiglia Chessa per la fiducia: ho ricevuto altre proposte, ma nessuna così stimolante».

Una carriera iniziata alla Ferrini Cagliari, dove è cresciuto nelle giovanili distinguendosi prima con i Giovanissimi e poi con gli Allievi, con cui ha conquistato il titolo regionale. A 16 anni il passaggio al Sant’Elena, società con cui ha vinto il titolo Juniores Nazionale: «Credo non fosse mai successo a una squadra sarda. In panchina c’era Pino Tocco».

Convocato in tutte le rappresentative regionali, a 17 anni debutta da titolare in Eccellenza sotto la guida di mister Antonello Gariazzo: «Ha creduto in me. Lo reputo tuttora il miglior allenatore che abbia incontrato a questi livelli: per gestione e calma mi ricorda Ancelotti».

Fino ai 23 anni resta protagonista con la società quartese, «che porto nel cuore», sempre titolare con una media di 30 presenze a stagione. «Rifiutai la Serie D a 18-19 anni per scelta di mio padre, per motivi scolastici».

Terminato quel ciclo, si trasferisce a Torino, dove rimane vent’anni: «Lì volevo soprattutto divertirmi». Gioca due stagioni da centrocampista, segnando 14 gol in Terza categoria e 5 in Seconda. Un grave infortunio alla caviglia però lo costringe a fermarsi.

A 40 anni consegue le abilitazioni UEFA C e D presso il Foro di Torino, e oggi è tecnico UEFA B. Ha allenato nei settori giovanili dell’Academy Juventus (Barracuda) e del Torino (San Giorgio), con cui nella scorsa stagione ha ottenuto una storica qualificazione ai regionali, arrivata dopo i ripescaggi successivi ai play-off.

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