Per Giorgio Ferraro l’ultima di campionato tra il suo Samugheo e la Freccia Parte Montis (Prima Categoria, Girone C) non sarà una partita come le altre. Per lui, con 41 anni da compiere a maggio, sarà l’ultima partita in carriera. Un percorso che l’ha visto grande protagonista nelle maggiori squadre regionali.

Come mai ha deciso di appendere le scarpette al chiodo?

“Un po’ perché l’età per smettere è arrivata,  un po' perché ho avuto dei problemi alle ginocchia e bisogna pensare al futuro. Per il calcio sono anziano, ma per la vita sono giovane e devo essere integro per il lavoro che faccio (Vigile del Fuoco). È giusto così”.

Quante partite ha collezionato in carriera?

“Quello disputato quest’anno è stato il mio 26simo campionato. Non avendo mai avuto grossi infortuni sono circa 800 gare in carriera”.

Accompagnate da quante reti?

“Sono circa 250 tra Eccellenza, Promozione e Prima Categoria”.

Quali sono le squadre con la quale ha giocato?

“Ho iniziato a Ollastra, la squadra del mio paese. In seguito sono andato alla Tharros, poi Taloro Gavoi, Sanluri, Porto Torres, Ghilarza, Tonara, Macomerese, Arborea, Paulese e Samugheo. Ho girovagato per tutta la Sardegna”.

Ricorda il suo esordio?

“Si, con la Tharros a Bitti, in Eccellenza, avevo 15 anni e Gavino Scano, allenatore di quell’anno, mi fece entrare per dieci minuti. Quella Eccellenza, allora, era un torneo diverso, non esisteva ancora la regola dei fuoriquota ed era raro trovare un 15enne in campo. È stata una bella emozione”.

C’è il momento indelebile, un ricordo speciale che porta dietro della sua carriera?

“La vittoria con la Tharros del campionato di Promozione (nel 2002/2003). Arrivammo a pari punti con Quartu 2000, perdemmo lo spareggio per il primo posto, ma poi vincemmo a Nuoro contro il Tortolì davanti a 3500 spettatori. Avevo 20 anni, dopo una lunga cavalcata abbiamo riportato la Tharros in Eccellenza. Feci 26 reti e ricordo anche il bel cammino in Coppa Italia”.

Domenica la sua “ultima”, cosa proverà e come sarà il post gara?

“Dovrò cercare di trattenere l’emozione, che sarà forte. Mi mancherà tutto quello che ho vissuto per 26 anni. Mi è dispiaciuto non essere riuscito a dare una mano al 100% al Samugheo, ma le ginocchia non hanno retto. A Samugheo c’è un gruppo di ragazzi speciale, che mi ha fatto sentire a casa. A fine gara festeggerò, in un ambiente che è come una famiglia, ma come ogni domenica, niente di più”.

Una carriera lunghissima, vuole ringraziare qualcuno?

“La mia famiglia che mi ha sempre sostenuto; mio padre perché grazie a lui ho fatto questa piccola carriera a livello regionale. Ha insistito affinché da ragazzino ci provassi. Tutti i dirigenti, compagni, allenatori incontrati. Infine una dedica speciale, un pensiero, a mio compare, venuto a mancare l’anno scorso, ed è sempre stato un tassello importante”.

Appese le scarpette al chiodo, cosa farà Giorgio Ferraro?

“Ho il patentino da allenatore. È un mestiere duro ma mi piacerebbe provarci. Se sarò in grado bene, altrimenti con il calcio andrà bene lo stesso. Di sicuro seguirò mio figlio che ha cominciato a giocare”.

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