“The Voice of Hind Rajab”: Brad Pitt e Joaquin Phoenix a sostegno del film che dà voce alle vittime di Gaza
Un racconto immersivo e struggente, che ha spaccato in due la critica specializzataPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Gli orrendi crimini umanitari del conflitto israelo-palestinese e le campagne di sensibilizzazione promosse dal mondo dello spettacolo trovano ulteriore eco in “The Voice of Hind Rajab”, il film più discusso dell’ultima edizione del Festival di Venezia, diretto da Kaouther Ben Hania e premiato col Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria. Mettendo in luce le vicende realmente accadute alla piccola Hind - una bambina palestinese che chiese soccorso durante gli assalti dell’esercito israeliano - a colpire particolarmente il pubblico è stata la scoperta dell’utilizzo di vere registrazioni telefoniche, impiegate per ricostruire il più fedelmente possibile lo scambio tra la seienne indifesa e la Mezzaluna Rossa. Il risultato è un’esperienza immersiva e struggente, come raramente s’era visto prima, capace di spaccare in due i pareri della critica specializzata.
Dopo l’assegnazione del premio da parte di Maura Del Pero - acclamata lo scorso anno per il toccante “Vermiglio” - il discorso di ringraziamento della regista tunisina ha suscitato il calore e l’ossequio del pubblico in sala, seguito da un lungo e sentito applauso: “Vorrei dedicare questo premio alla Mezzaluna Rossa, a coloro che stanno rischiando tutto. Stanno cercando di ascoltare le grida delle persone. La voce di Hind continua a risuonare. Il cinema ci dà il coraggio di raccontare storie, anche se il cinema non può oscurare le atrocità commesse. Liberiamo la Palestina”.
Nel tentativo di riportare con la massima fedeltà la catastrofe che sta travolgendo Gaza, la regista ha avvertito la necessità di affidarsi a un veicolo espressivo autentico, prima ancora che realistico. Da qui la scelta di utilizzare registrazioni telefoniche originali, preferendole al lavoro che normalmente spetterebbe a un’attrice in sala di doppiaggio: «Ogni volta che realizzo un film penso a come poter raccontare la storia nel modo migliore. E penso anche allo spunto. In questo caso, la voce di Him sembrava stesse parlando a me. Razionalmente, parlava alla Mezzaluna Rossa. Nessuna attrice, anche la più brava, poteva essere all'altezza. Serviva la voce originale, serviva la voce di Gaza».
Sul modo di trasmettere al meglio la drammaticità degli eventi, Ben Hania ha aggiunto: «Quando ho ricevuto le registrazioni telefoniche mi sono posta una domanda: come esprimere cinematograficamente quello che hanno provato gli operatori? Ho scelto di mostrare il loro lavoro perché estremamente importante. Tutti i miei film sono al limite tra documentario e finzione, ma qui c'è qualcosa di molto reale. È una vera e propria testimonianza».
Ulteriore sorpresa ha destato la notizia che “The Voice of Hind Rajab” è stato realizzato col contributo produttivo di alcune tra le più note celebrità di Hollywood, tra cui Brad Pitt e Joaquin Phoenix, con l’obiettivo di accrescere la visibilità internazionale della pellicola. Il loro coinvolgimento è stato ricordato pubblicamente durante l’apertura della conferenza stampa dall’attrice Saja Kilani: «Abbiamo fatto un film per sollecitare l'empatia e raccontare la vicenda dal punto di vista della Palestina. Quando ho sentito per la prima volta la voce di Hind ho sentito la vera voce di Gaza, dove nessuno può entrare. Il fatto che nomi come Brad Pitt e Joaquin Phoenix siano intervenuti a sostegno del progetto come produttori per me significa molto, il cinema deve dare voce e volto alle vittime».
Poco dopo sono intervenuti anche gli altri attori, cercando di descrivere lo stato d’animo provato in un’esperienza tanto insolita quanto dolorosa. Motaz Malhees ha dichiarato: “Io provengo dalla West Bank, per calarmi nel personaggio del centralinista che risponde alla chiamata di Hind sono tornato con la mente alla mia infanzia e non è stato facile. Questa è la mia vita, non ho dovuto fingere. Quando ho sentito la voce di Hind per la prima volta sul set ho avuto un attacco di panico. I colleghi mi hanno aiutato a superarlo. È stata dura, ma era mio dovere fare questo film”.
Rispetto all’urgenza del progetto e alla sua vicinanza con la vita reale, Amer Hlehel ha aggiunto: «Quando leggi una sceneggiatura cerchi di capire come interiorizzare il materiale. Stavolta non ne abbiamo avuto bisogno, tutto era dentro di noi. Per noi non era un film, era un dovere. Avevamo bisogno di questo film per esprimere noi stessi come uomini e come artisti».
Infine, sull’obbligo morale di raccontare cosa stia accadendo a Gaza, Clara Koury ha concluso: «Raccontare questa storia era un obbligo e un dovere. Abbiamo fatto ricerca parlando con i soccorritori della Croce Rossa, ma non c'è stata recitazione, Di fronte alla voce della bambina, che abbiamo sentito solo una volta giunti sul set, abbiamo reagito come esseri umani».