Lo sappiamo bene: un veterano del cinema come Quentin Tarantino, quando decide di esprimere un’opinione in materia, non le manda certo a dire; e l’esperienza consolidata in anni di onorata carriera conferisce, se non altro, un peso alle sue riflessioni che vale la pena prendere in considerazione. Sospesa la regia cinematografica ormai da alcuni anni - dopo aver accantonato il progetto “The Movie Critic”, servito poi da spunto per la sceneggiatura de “Le avventure di Cliff Booth”, sequel di “C’era una volta a… Hollywood” realizzato in collaborazione con Netflix e diretto da David Fincher - il maestro tornerà in veste di attore nel film “Only Way We Carry”, ideato dall’attrice Charlotte Gainsbourg e - come rivelato da Deadline lo scorso ottobre - incentrato sui temi dell’amore, della perdita e delle forza necessaria per andare avanti. Con le riprese della pellicola già ultimate, vedremo Tarantino nei panni di John Percy, un personaggio con un’apparizione limitata ma che farà emergere punti fondamentali all’interno della trama.

Nel frattempo, i fan sperano a gran voce di ricevere al più presto novità sul suo decimo - e ultimo - progetto per il grande schermo, che per il momento sembra esser stato accantonato a data da destinarsi. In effetti, come emerso dalle ultime interviste, Tarantino si sarebbe dedicato nell’ultimo periodo ad altre attività, tra cui la scrittura teatrale. Non hanno fatto ben sperare, inoltre, le sue recenti critiche sulla deriva del cinema odierno: sempre più uniformato alle politiche delle piattaforme streaming, che ne hanno penalizzato la distribuzione e anche la portata artistica.

Se il cineasta è generoso di complimenti quando si tratta di esaltare le opere cinematografiche che lo hanno segnato di più - si pensi a quando, in un’intervista dello scorso aprile, ha definito la Trilogia del Dollaro di Sergio Leone “il più grande risultato nella storia del cinema” - non meno incisivo è quando, al contrario, esprime un commento sulle operazioni che l’hanno lasciato interdetto. A questo proposito, ospite dell’ultima puntata del podcast di Bret Easton Ellis, Tarantino ha cominciato a parlare di quelli che reputa i migliori film del XXI secolo, ma presto il discorso si è spostato su un’altra questione: le somiglianze esplicite tra la serie di “Hunger Games”, della scrittrice Suzanne Collins, e il film del 2000 di Kinji Fukasaku “Battle Royale”, tratto dal romanzo omonimo di Koushun Takami del 1999.

Senza peli sulla lingua, ha dichiarato in proposito: “Non capisco come lo scrittore giapponese (di Battle Royale) non abbia fatto causa a Suzanne Collins”, sostenendo che, a suo avviso, la saga americana “abbia fottuta..ente copiato il libro”.

Sebbene infatti la critica letteraria dell’epoca avesse accolto la saga della Collins come “la cosa più originale che avessero mai letto”, certamente ignara dell’esistenza dell’opera di Fukasaku e ben poco avvezza al cinema orientale, a colpire negativamente è stata soprattutto la critica cinematografica, che - a detta di Tarantino - avrebbe reagito così: “i critici cinematografici appena hanno visto il film, hanno detto: che diavolo! Questo è semplicemente Battle Royale, ma in versione PG!”. Ciò porterebbe a riflettere, proprio a fronte dell’evidente plagio, sull’inspiegabile mancanza di reazioni e ripercussioni legali, che di fatto avrebbero sottratto la saga di “Hunger Games” da situazioni potenzialmente scomode, relegando la faccenda a un ingiustificabile silenzio.

A rafforzare certe posizioni è anche il ricordo del film “Battle Royale”, che Tarantino ha avuto l’onore di ammirare tra i primi spettatori grazie all’amicizia con Fukasaku fin dai tempi di “Kill Bill”. Ripensando alle prime reazioni dopo la visione, ha detto: “Non avevo idea di cosa stavo per vedere, e santo cielo, non saprei nemmeno descriverlo”.

Ma tornando ai film di questo secolo che l’hanno maggiormente convinto, ha suscitato senz’altro curiosità la scelta di “West Side Story”, diretto da Steven Spielberg. Un titolo che - afferma Tarantino - “ha rivitalizzato Spielberg come cineasta”. E continua, con considerazioni non certo di poco conto: “Questo è il film in cui Steven dimostra di avere ancora la stoffa. Non credo che Scorsese abbia mai realizzato un film così entusiasmante (in questo secolo)”.

Spendendo infine due parole sul film che l’ha fatto ridere maggiormente, il regista cita l’irriverente “Jackass: The Movie”, definendolo senza mezze misure: “il film con cui ho riso di più negli ultimi vent'anni”. Una pellicola che Tarantino ha pensato di mostrare allo staff di “Kill Bill” durante le pause dalle riprese, condividendo un’esperienza che li ha fatti, semplicemente, “morire dal ridere”.

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