Il mistero dell'antimateria:l'eterna sfida fra angeli e demoni
La parola stessa ha un’attrazione irresistibile. Antimateria. Tutto ciò che è “anti” ha sempre affascinato l’uomo. Forse prima ancora dell’Anticristo. Tra un’intuizione religiosa e una sollecitazione filosofica, è la conferma della simmetria. di ROBERTO COSSUPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La parola stessa ha un’attrazione irresistibile. Antimateria. Tutto ciò che è “anti” ha sempre affascinato l’uomo. Forse prima ancora dell’Anticristo. Tra un’intuizione religiosa e una sollecitazione filosofica, è la conferma della simmetria. Bene e male, vita e morte, l’uno e il suo contrario. Se esiste qualcosa esiste anche il suo opposto. Dunque, materia e antimateria. Mondo e antimondo. Cariche positive e cariche negative. Fino a una certezza: se l’opposto non si trova non significa che non esiste. Semplicemente, è nascosto da qualche parte. Lo specchio, in fondo, è il senso dell’universo, dell’incontro e dello scontro, della nascita e della distruzione. Per la scienza, ma non solo.
L’antimateria, somma delle anti-particelle, evoca mistero, oscurità. Ed energia. Da qui la presa sul cinema, sui libri. "Angeli e demoni" di Dan Brown, certamente, "Star Trek", fiction e divulgazione, e c’è da attendersi altro, soprattutto dopo la notizia che i pirotecnici tunnel del Cern di Ginevra hanno imprigionato 38 atomi di anti-idrogeno. Hanno catturato, in altre parole, il contrario che tende a sfuggire. Per capire come è nato il mondo e, aldilà delle ipotesi, per ottenere uno sfruttamento pratico. Se non si trova un super propellente nessuna navicella potrà raggiungere altri pianeti. Con l’antimateria si potrebbe? Forse. Il confine tra scienza e fantascienza, a questo punto, è labilissimo, tanto più per lo scarto fra teoria e prova, tra sistemi sulla carta e validità empirica. D’altra parte parliamo di velocità inconcepibili, di temperature inimmaginabili. E di energie impareggiabili. E tutto questo in uno sfondo ancora più misterioso: il cosmo è fatto di luce e e oscurità. Siamo solo una piccola parte di quello che vediamo o possiamo ragionevolmente immaginare. La segreta poesia delle galassie, nella sua completezza, ci sfugge.
Come l’antimateria. Per capirne qualcosa suggeriamo il recentissimo libro ("Antimateria") di Frank Close. E torniamo al concetto principale: l’energia. Ciò che principalmente interessa alla scienza. Qual è, intanto la scala di valori? La cronaca aiuta. Il 30 giugno 1908, nella valle del fiume Tunguska, in Siberia, fu registrata una gigantesca esplosione e qualcuno vide una palla di fuoco cadere dal cielo. Si sprigionò un enorme calore, quasi tutti gli animali scomparvero senza lasciare tracce. Si rilevarono onde sismiche, il bagliore fu visibile a 700 km di distanza. Molti, troppi, i particolari strani. Con tutta probabilità si trattò di una collisione con un frammento di cometa, ma non è stata ancora totalmente scartata l’ipotesi di un’esplosione causata da un blocco di antimateria, un pezzetto di anti-roccia.
Questione di energia, appunto. La differenza, per capirci, tra il calore del nostro corpo e l’energia di un’esplosione «è data dalla durata degli eventi», sottolinea Close. Noi rilasciamo energia sotto forma di calore che si mantiene su circa 37 gradi. E ci prendiamo tutto il tempo, digestione compresa. Ma se l’energia venisse rilasciata in un millisecondo «il risultato sarebbe, appunto, esplosivo». Di più: i missili, le bombe chimiche liberano soltanto un miliardesimo dell’energia stivata soprattutto nel nucleo degli atomi. Con gli ordigni nucleari si sprigiona un millesimo di energia disponibile. Se si vuole liberare «l’intera partita dell’energia» bisogna rovesciare i processi che l’hanno concentrata nella materia agli albori dell’universo.
Ecco ciò che può fare l’antimateria. Un solo dato: l’annichilazione di un chilogrammo di antimateria fornirebbe una quantità di energia dieci miliardi di volte più grande di quella liberata dall’esplosione di un chilo di tritolo. Al confronto anche le reazioni nucleari conosciute assomiglierebbero a petardi. Ci sarebbe da preoccuparsi, se non fosse che l’antimateria è rarissima, sfuggente, irrintracciabile. A parte l’esperimento del Cern, che ha “fabbricato” e conservato qualcuna di queste temibili particelle. Che, viste dall’esterno, sono perfettamente normali. In realtà sono nemiche dei loro doppi. E se le une e le altre si incontrano, si annichilano. Si distruggono in un lampo di luce, in una scintilla di spaventosa energia. O meglio: l’antimateria elimina la materia e si suicida.
Stranamente, però, non è ciò che accadde nei primissimi istanti del Big Bang. Sappiamo che allora la quantità di antimateria era uguale a quella della materia. Ma per qualche motivo sconosciuto, ancora sconosciuto (a parte le teorie), al termine della Grande Annichilazione vinsero i buoni. La materia. E l’antimateria dove è finita? Altro enigma.
L’avventura della scoperta dell’antimateria cominciò nel 1923, quando il fisico sovietico Skobeltsyn, alla caccia di raggi gamma, notò strane tracce di elettroni. Aveva trovato casualmente i positroni, e cioè elettroni caricati positivamente, per lui semplicemente un “disturbo”. Non poteva riconoscerli, anche perché all’epoca il concetto di antimateria era più o meno sinonimo di fantascienza. Poi scese in campo un taciturno e geniale matematico, Paul Dirac. Una serie di brillanti intuizioni teoriche ed ecco la “previsione” dell’esistenza del positrone. Il resto è conferma, cronaca scientifica, sempre più agitata, fino agli esperimenti del Cern. Ora l’antimateria è una “realtà”, per quanto esiga sempre una certa capacità di astrazione. Una danza labirintica di particelle e antiparticelle. Una “danza di morte”, per dirla con Close. Che comunque, all’inizio, ha lasciato in vita un numero di quark sufficiente per sviluppare l’Universo dove abitiamo. E anche una scia di domande meravigliose: cosa significano oggi nulla, vuoto, energia oscura, mondo parallelo? E cosa significano “prima” e “dopo”? Praterie per la scienza, magari per la religione, e, nel frattempo, per un film o un libro.