I paesaggi dell'anima di Luigi PuNelle sue tele l'amore per l'Isola
I paesaggi dell’anima sono immagini, voci, colori, sentimenti. C’è chi li esprime attraverso la poesia – perché sono fatto lirico e interiore – c’è chi invece preferisce rappresentarli con la forza della pittura.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Luigi Pu, artista nato a Jerzu e formatosi tra l’Isola e Firenze, ha scelto l’ocra e il verde, ma anche l’azzurro e il rosso violento delle passioni. Egli significa, con l’accostamento dei colori, il rapporto controverso che anche con le parole ha più volte spiegato: “Amo la mia terra di un amore che non è felice, sebbene incondizionato, di un amore che mi tormenta, non mi dà pace, con i suoi problemi antichi e nuovi, problemi di sempre, siccità, alluvioni, incendi e malaria, le greggi che vanno in malora, e pastori e contadini che vanno in malora, sbattuti da mille tempeste”. Un amore che distrugge, dunque ma che è anche capace di consolazioni e quiete: “Il cielo di Sardegna è il più puro del mondo, ma i monti, i fiumi, le fonti…”. Sono proprio questi sentimenti contrastanti a emergere dalle tele, anche quando l’astratto cede il passo al figurativo. I volti dei personaggi, sardi come denuncia il costume che indossano, tradiscono sofferenza e malinconia. Anche il pagliaccio che a quel mondo è estraneo – ed è portato da altre realtà, quelle in cui il pittore ha cercato invano l’evasione e la fuga – non ride. Gli sarebbe proprio. E’ triste e lacrimevole perché così gli impone l’anima, a dispetto del ruolo. Nella pittura di Luigi Pu non sono solo le fisionomie a esprimere la contraddittorietà dei sentimenti. L’accostamento stridente di oggetti diventati rifiuti rappresenta l’inconciliabile equilibrio tra la tensione alla modernizzazione e la volontà di conservazione di uno stato di sintonia con la natura che è forse l’unica radice della vera felicità. Così la seggiola impagliata - simbolo di una stagione ormai tramontata, della quotidianità e dell’essenzialità del vivere, dei racconti davanti al focolare - domina il cumulo che la modernità si è affannata a produrre. Frigoriferi, auto, televisori, blocchi di cemento e metalli sono l’emblema di una corsa al consumo che ha cancellato la poesia dell’infanzia, che offende e calpesta luoghi e paesaggi dell’anima. Nelle opere dell’artista ogliastrino si percepisce quel sentimento di rassegnazione che, ha scritto Dolores Turchi recensendone le tele, strugge nel vedere “una terra bella e selvaggia (…) desolata dagli incendi e devastata dall’indiscriminato avanzare della civiltà del cemento”. (Manuela Arca)