Nel loro pezzo, "I ragazzi stanno bene", è destinato a fare rumore il verso che parla di un "comandante a cui conviene il gioco sporco".

Eppure i Negrita rifiutano l'etichetta di canzone politica.

"Se avessimo voluto alludere a Salvini - chiede provocatoriamente il frontman, Pau - avremmo parlato di un capitano, no?".

Insomma non si vogliono sbilanciare, anche se la canzone non lascia troppo spazio all'immaginazione, tra i "fantasmi sulle barche" e le "barche senza un porto".

"Facciamo riferimento - ammette Pau - a una politica fatta solo di campagna elettorale, e di cose che non fanno bene né ai migranti né agli italiani. Stiamo vedendo una migrazione epocale, e dovremmo affrontare il tema con più serietà. Invece sembra un gioco delle parti, molto spettacolo e poca politica concreta".

Comunque, "parlare solo di quel rigo ci sembra limitativo, noi crediamo che le storie valgano più di una scheda elettorale".

Il loro è un grande ritorno sul palco dell'Ariston, dopo sedici anni, e lo sottolineano con una piccola frecciata ai talent (da cui quest'anno, tra l'altro, escono Irama, Einar, Federica Carta, Mahmood, Briga ed Enrico Nigiotti): "Siamo un po' stanchi di vedere ragazzini provenienti dai talent che si prendono la scena, quindi abbiamo detto: ma perché noi, che abbiamo vent'anni di esperienza, non dobbiamo esserci? E così siamo qua".

"Usciamo da una crisi piuttosto profonda - raccontano - e lo stiamo vivendo con la felicità di aver superato questi litigi forti che ci sono stati fra di noi. Siamo una band di stampo anglosassone, qui in Italia c'è sempre solo un leader, per noi non è così, e da questo possono nascere degli screzi".

A Sanremo, comunque, arrivano più uniti che mai: "Siamo qui per lanciare un messaggio e la nostra musica. Ascoltate il nostro brano e capirete cosa vogliamo dire".

Angelica D'Errico

(Unioneonline)
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