Riportando in auge la figura di una delle più importanti attrici della storia, da molti ritenuta addirittura la più grande di tutti i tempi, il regista Pietro Marcello dirige “Duse”, biopic incentrato sugli ultimi anni della “divina” Eleonora Duse, interpretata per l’occasione dalla splendida Valeria Bruni Tedeschi. Presentato in concorso alla recente Mostra di Venezia e atteso nelle sale nazionali il prossimo 18 settembre, il film ripercorre la fase conclusiva della carriera di un’artista che - decisa a tornare in scena nonostante la malattia - troverà modo di esprimere il proprio conflitto interiore in un periodo storico che, dopo la Grande Guerra, accompagna l’avvento del fascismo.

Proprio il contesto politico è uno degli aspetti su cui il regista ha posto maggiore attenzione, andando oltre la semplice ricostruzione biografica e mettendo in risalto i cambiamenti artistici e sociali che hanno lentamente trasformato l’Italia di quegli anni. Da questa prospettiva emerge la natura reazionaria della Duse, intesa come motore di trasformazione e simbolo di libertà creativa. Oltre alla toccante interpretazione della Tedeschi, il cast annovera Fanni Wrochna, Noémie Merlant, Fausto Russo Alesi, Edoardo Sorgente, Vincenzo Nemolato, Gaja Masciale, Vincenza Modica, Mimmo Borrelli, Savino Paparella, Vincenzo Pirrotta, Federico Pacifici, Marcello Mazzarella e Noémie Lvovsky.

Creando un inevitabile parallelismo tra il film e il nostro presente, Marcello ha sottolineato in conferenza stampa le problematiche che attraversano la generazione attuale e l’urgenza di un’azione concreta: “Noi siamo la generazione della confusione, della non speranza. Ora è il momento della disobbedienza civile per tornare a fare arte dal basso, per me è un momento di autocritica. Mi colpisce ciò che sta avvenendo nel mondo, sto seguendo i camalli pronti a bloccare il porto di Genova. Finora un gesto come questo l'avevo letto solo nei libri. Sono liberatorio, ho abbracciato Duse con questo stesso spirito”.

In nome di una battaglia contro l’autoritarismo e la retorica oppressiva, il regista ha individuato in Eleonora Duse un sentimento autentico di rivalsa, proprio negli anni in cui la diva attraversava la sua fase più decadente e si opponeva alla corruzione morale perpetrata dal fascismo. In questa lettura, Valeria Bruni Tedeschi - afferma Marcello - è apparsa la scelta ideale: “Sono sempre stato affascinato dai personaggi in rivolta come dimostrano tutti i miei film. Valeria Bruni Tedeschi è stata la prima scelta per raccontare lo spirito della Duse. Non sono affascinato dal genere biopic, e poi con quale arbitrio raccontare la Divina? Di lei abbiamo un film, Cenere, tante foto e varie testimonianze, ma quello che volevo riproporre era il suo spirito. Ho scelto di soffermarmi sulla fase finale della sua vita perché quelli sono gli anni della dissoluzione. La Duse è un personaggio ottocentesco e si affaccia nel 900, è una fase di passaggio come quella che stiamo vivendo oggi, è il tempo dell'ignavia, quello in cui niente è vero e tutto è permesso”.

Ritrovando dentro di sé gli stati d’animo che più l’hanno avvicinata alla Divina, la Tedeschi ha dichiarato: “Mi sento vicina alla Duse sotto molti aspetti. Il lavoro è ossigeno per me come per lei, senza recitare, scrivere e dirigere non potrei vivere. Un altro aspetto che ci accomuna è il suo non essere una diva, aveva quest'idea per cui migliorarsi era più importante di tutto e per migliorarsi come artista bisogna educare la propria umanità. Sono entrata in contatto con lei in segreto, ho fatto delle "riunioni" con Eleonora, ho sviluppato una connessione con lei che mi ha aiutato a interpretarla. Bello raccontare la sua fragilità nel mondo di oggi in cui sembra che siano i forti a dover vincere”.

Riflettendo infine sul valore dell’empatia, oggi più che mai necessaria e veicolata soprattutto dall’arte, l’attrice ha concluso: “Pur raccontando la perversione, l'arte porta pace e sollievo, ha un potere catartico, aiuta l'essere umano a sviluppare l'empatia. Oggi abbiamo bisogno dell'empatia, finché non impariamo a comprendere il nostro vicino non possiamo sperare che le guerre finiscano”.

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