Cronenberg: «Cinema non indispensabile per apprezzare i miei film»
Il regista, nelle sale con “The Shrouds - segreti sepolti”, allude anche a un suo possibile ritiroPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Tra i creativi più folli e visionari mai apparsi nel vasto scenario del cinema, David Cronenberg ricopre certamente un posto d’onore. Considerato tra i padri del body horror dopo aver dato vita a cult come “Videodrome”, “Il Pasto Nudo” e “la Mosca”, il maestro canadese ha dato sfoggio fin dal suo esordio di un tocco autoriale del tutto inimitabile, spaziando abilmente tra differenti generi - dalla fantascienza al dramma sociale - e approfondendo tematiche complesse come la trasformazione del corpo, la tecnologia, la critica alla società e ai media.
Presentato in anteprima a Cannes e distribuito nelle sale a inizio mese, il suo “The Shrouds - segreti sepolti” lo ha visto affrontare da un punto di vista unico nel suo genere l’esperienza della morte e della perdita, al fianco di un’interpretazione da manuale ad opera di Vincent Cassell. Al centro della trama seguiremo le vicende di Karsh, un imprenditore che per elaborare il lutto della moglie si dedica alla ricerca nell’ambito dei servizi funebri. La sua società sviluppa una tecnologia capace di monitorare in tempo reale il deperimento delle salme all’interno dei sudari, ma un gruppo ambientalista decide di opporsi a questo tipo di pratica per delle scelte etiche. Disposto a scoprire chi si cela dietro al movimento reazionario, Karsh inizierà una caccia ai suoi oppositori, svelando segreti che non avrebbe mai potuto immaginare.
In una recente intervista con Jim Jarmusch per Interview Magazine, il director è tornato a parlare di sé: contro ogni aspettativa, scopriamo dalle sue dichiarazioni che non ritiene l’esperienza collettiva e condivisa della sala cinematografica qualcosa d’indispensabile per fruire al meglio le sue opere; e che pertanto - col dispiacere dei più affezionati - il futuro del cinema sarà inevitabilmente quello del digitale.
Su questo punto, ha detto nello specifico: “Vado al cinema di rado, quasi solo ai festival, e spesso la proiezione non è nemmeno così buona. Ero a Venezia sul palco con Spike Lee e altri. Lui parlava della Cattedrale del Cinema, dell'aspetto religioso. E io gli ho detto: Spike, sto guardando Lawrence d'Arabia sull'orologio, e ci sono mille cammelli. Li vedo tutti. Stavo scherzando, ma quello che intendevo è che non trovo l'esperienza cinematografica così esaltante. Forse è l'età. Non sento più quel senso di comunione”.
La soluzione del director sembrerebbe perciò quella di accettare il digitale aldilà di inutili nostalgie o integralismi, come ulteriormente esplicitato in un secondo intervento: “Anche quando si parla di streaming, vedo persone appassionarsi come noi ci appassionavamo all'uscita da un cinema. È diverso, ma non penso sia peggio. Montare e tagliare era un incubo. Era molto limitante. Ora hai molto più controllo. E naturalmente, se fai un film, sei un maniaco del controllo, almeno un po'”.
Nel frattempo, un’altra intervista per il Los Angeles Times lascerebbe intendere che Cronenberg si consideri ormai pronto ad abbandonare il set, con “The Shrouds” che potrebbe rappresentare - a questo punto - il suo canto del cigno. Le affermazioni nel merito riportano quanto segue: “Il mondo potrebbe non avere davvero bisogno di un mio prossimo film. Fare un film è un'attività estremamente fisica, che richiede energia e lucidità. È facile immaginare di trovarsi, nel bel mezzo di una produzione, a pensare: non ce la faccio più. Non sono abbastanza lucido per fare bene il mio lavoro. E non so nemmeno se arriverò a fine giornata”.
Per dare una ventata d’aria fresca alla carriera dietro la cinepresa, il regista sta anche valutando l’idea di tornare alla scrittura con un nuovo romanzo, ed è da poco stato confermato in veste d’interprete nel cast del sequel di “Finché morte non ci separi”, al fianco di Sarah Michelle Gellar e Elijah Wood. Si tratta di una pellicola particolarmente attesa dai fan dell’horror, dopo il successo del primo film che, costato appena 6 milioni di dollari, è stato capace d’incassare una somma di oltre 57 milioni a livello globale.
Si direbbe insomma che il maestro, in un modo o nell’altro, sappia come tenersi impegnato; e insieme alla speranza di rivederlo prima o poi occupato in un’altra produzione sul set c’è anche la curiosità di scoprire cos’altro avrà in serbo per noi nel prossimo futuro.