In questo periodo sospendiamo l'oroscopo. Dal 28 marzo stiamo cercando di sostituirlo con un piccolo diario di una giornata tipo in casa, ai tempi del coronavirus, per continuare a trovarci col consueto appuntamento del mattino.

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Se il coronavirus arricchisce il nostro vocabolario

Durante questo periodo di emergenza per il Coronavirus abbiamo sentito e imparato molti termini che non conoscevamo, noi profani della Scienza. Poi abbiamo cominciato a maneggiarli come fossero sempre stati nel nostro vocabolario. E anche sentendo gli ospiti dei talk show e delle trasmissioni di informazione, a volte si fa fatica a distinguere un (vero) esperto da un ex paziente Covid-19 o da un giornalista o dalla signora intervistata per strada.

Tutti parlano con (apparente per i più) proprietà di linguaggio di infezione, polmonite interstiziale, DPI, FFP2 o FFP3, di test sierologici e tamponi, saturazione, intubazione ed estubazione come se stessero parlando di ingredienti per una spadellata di verdure.

D’accordo incamerare termini nuovi per arricchire il nostro linguaggio, ma la conoscenza? Il loro significato e l’utilizzo appropriato? Quanti di noi sapevano fino a due mesi fa quale fosse la differenza tra Coronavirus e Covid-19? Forse ora lo sappiamo, ma non è detto: il primo è il nome del virus scoperto in Cina, arrivato in Italia (si dice) a metà gennaio; nel secondo, Co sta per corona, VI per virus, D sta per 'disease', malattia, e 19 per l'anno in cui si è verificato (in Cina). Che differenza c’è? Quando va bene l’uno e quando l’altro?

Poi c’è la terza versione, il 2019-nCoV in cui 2019 sta per l'anno, n per nuovo, CoV per coronavirus. E ce n’è anche una quarta: SARS-CoV-2 dove Sars è l'acronimo di ‘severe acute respiratory syndrom’ cioè ‘grave sindrome respiratoria acuta’, CoV sta per coronavirus, 2 per distinguerlo dal SARS-Cov che si è sviluppato in Cina nel 2002-2003. Quando e come utilizzarli, sinceramente non saprei. Meglio lasciarli a chi di competenza.

Poi c’è tutta la sfilza di dispositivi di sicurezza. Le fatidiche mascherine in primis: FFP2 e FFP3 pare siano quelle in dotazione in ambito ospedaliero; il modello DPI, acronimo di dispositivi di protezione individuale, sono quelle più comuni, dette anche chirurgiche perché utilizzate (in tempi normali) dal personale sanitario e che ora dovremo indossare anche noi comuni mortali. Sempre che arrivino. Altrimenti ci affideremo al fai da te con tutti i rischi connessi.

C’è poi la serie di termini riferiti alla prevenzione: igienizzare, con cui si intende la pulizia dallo sporco (banalmente, il lavaggio accurato delle mani con acqua calda e sapone); disinfettare, che è igienizzare in maniera più profonda con l’ausilio dei prodotti in grado di eliminare fino al 99 per cento di batteri; sanificare è invece la pulizia che abbiamo visto fare nelle strade, nei luoghi di produzione alimentare, nelle case contaminate come quelle di Riposo per anziani, negli stessi ospedali e pronto soccorso.

Si aggiungano poi tutte quelle attività che abbiamo scoperto essere indispensabili per salvare la vita alle persone affette da Coronavirus: dalla terapia intensiva all’intubazione ed estubazione, abbiamo idea di cosa sia in pratica ognuna di queste manovre? E dei ventilatori, saturimetri e tamponi fino ai test sierologici, che sappiamo? Abbiamo però imparato cosa siano le RSA e le RSD, dove anziani e disabili sono stati falcidiati dal virus. E sappiamo cosa sia il contagio, la quarantena, il distanziamento sociale; il focolaio, il tracciamento e la zona rossa. Questo lo abbiamo capito (quasi) tutti vedendo le bare accatastate nelle chiese, nei cimiteri o nei forni crematori. E questo è stato per molti di noi il deterrente perfetto.

Abbiamo visto cosa fa l’unità di crisi nazionale e regionale, e cosa fa l’OMS, organizzazione mondiale della sanità. Abbiamo visto cosa fa il governo e abbiamo imparato che davanti a una pandemia, che sarebbe un'epidemia globale, non è facile emanare disposizioni, decreti e ordinanze coerenti ed efficaci.

Abbiamo perfino imparato a conoscere lo zibetto (l'animale nel quale è avvenuta la ricombinazione del virus responsabile della Sars) e il pangolino (piccolo mammifero, probabile laboratorio naturale nel quale il virus è mutato), e il salto di specie, quello che compie il virus che in condizioni naturali vive in un animale e diventa capace di aggredire l'uomo.

Pochi sapevano dove fosse l’Hubei, provincia della Cina della quale fa parte Wuhan, epicentro dell'epidemia che ha sconvolto e sconvolgerà il mondo.

Sappiamo invece cosa sia la curva ascendente. E aspettiamo con ansia quella discendente che ci farà rimettere il naso fuori dalla porta.

Intanto #IoRestoACasa
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