“Adolescence” scala la classifica dei contenuti Netflix in lingua inglese più visti di sempre
Già superati i risultati della prima e terza stagione di “Bridgerton”Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Tra gli show televisivi che più di altri nell’ultimo periodo hanno innescato un dibattito costruttivo sulla nostra società, c’è senza dubbio “Adolescence”. La miniserie britannica in esclusiva su Netflix è apparsa come un fulmine a ciel sereno per scoprire le carte sulle devianze e fragilità nel mondo degli adolescenti, tra le conseguenze drammatiche del cyberbullismo e delle comunità online all’interno della cosiddetta “manosfera”.
Creato da Jack Tyrone e Stephen Graham e diretta da Philip Barantini, lo show unisce alla dimensione riflessiva e alle dinamiche del thriller psicologico alcune scelte registiche fortemente evocative. Nell’arco di quattro episodi girati interamente con la tecnica del piano-sequenza, assisteremo alle vicende della famiglia Miller e del tredicenne Jamie, arrestato con l’accusa di aver ucciso una sua coetanea in circostanze del tutto oscure, che alimenteranno le critiche da parte dei media e sui social network trasformando in un inferno la vita del focolare domestico.
Stabilendo fin dal suo debutto un numero di ascolti a dir poco impressionate, “Adolescence” è salita giusto di recente dal nono al quarto posto tra le serie Netflix in lingua inglese più seguite di sempre, superando i risultati della prima e terza stagione di “Bridgerton”, dell’acclamata miniserie “La regina degli scacchi”, dello show tratto dai gialli di Harlan Coben “Un inganno di troppo” e della prima stagione di “The Night Agent”.
In appena un mese ha superato i 114 milioni di visualizzazioni, di cui 17,8 milioni registrati solo nella prima settimana. Altro aspetto non trascurabile che sta contribuendo in modo significativo al suo successo è la decisione da parte del governo inglese di provvedere alla trasmissione delle puntate in tutte le scuole secondarie del Regno Unito, portando avanti una necessaria e sempre più urgente campagna di sensibilizzazione.
Benché sia passato solo poco tempo, Netflix e la casa di produzione Plan B Entertainment starebbero valutando l’ipotesi di proseguire lo show con una seconda stagione, da cui sembra siano già partite le prime trattative con gli autori. Su questo aspetto specifico, i co-presidenti di Plan B Dede Gardner e Jeremy Kleiner, come dichiarato in un’intervista a Deadline, considerano esclusivamente le migliori soluzioni possibili per “ampliare l'apertura, rimanere fedeli al suo DNA e non essere ripetitivi”.
Come già accennato, ad aver creato curiosità attorno alla serie sono state anche le inusuali scelte di regia, su cui Dede ha dichiarato in relazione alle scelte espressive degli autori: “Durante le prime conversazioni con Stephen e Jack si stava parlando di come sia troppo semplice distogliere lo sguardo. Puoi distogliere lo sguardo dalla scuola, dalla stazione di polizia, dalle sessioni con la psicologa, dalla famiglia. In quel tipo di modo prismatico di vedere puoi evitare la problematica. Quindi la nostra teoria è stata: cosa accadrebbe se non potessi distogliere lo sguardo? E ti farebbe avvicinare al soggetto in un modo diverso? Quella è stata una cosa elettrizzante”.
Sull’impatto che ha avuto la serie nel nostro paese, ad averne dato un chiaro indicatore è stato il rapper J-AX. Nel corso di un evento promosso da La Stampa, il musicista si è confrontato sul delicato tema del rapporto tra adolescenza e mondo digitale, condividendo le proprie esperienze di padre e segnalando l’urgenza di promuovere un’utilizzo sempre più oculato dei social media, soprattutto tra i giovani. Dopo aver visto lo show di Netflix, ha affermato sulla questione: “Non mi sento un tramite fra la mia generazione e i ragazzi, non ho la password dei loro cervelli. Magari riesco a comunicare agli adolescenti e ai preadolescenti nel giusto modo ma penso che il focus di Adolescence sia l'oppressione che i social stanno operando sui ragazzi. Siamo tutti vittime di un bullismo digitale dilagante”.
E sui danni causati da una speculazione fuori controllo che imperversa sui social, ha aggiunto: “Credo che la politica stia permettendo ai padroni dei social di basare il loro business sull'aggressività, con contenuti che facciano arrabbiare le persone. In America lo chiamano rage posting. Il nostro compito di genitori è tenere il più lontani possibile i nostri figli dai social o almeno far capire loro che chi li sta influenzando, indirizzando, facendo arrabbiare, incuriosendo è un signore che si chiama algoritmo e non ha nulla di buono se non far guadagnare chi lo ha messo in rete”.